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Radaelli, Anna. Raimon Gaucelm de Béziers. Poesie. Firenze: La Nuova Italia, 1997.

401,001- Raimon Gaucelm de Bezers

1. Ab grans trehalhs et ab grans marrimens: un esordio assai simile presenta il planh di RmMen [BdT 405,1] «Ab grans dolors et ab grans marrimens», che costituisce inoltre un esempio di ripresa del modello metrico di RmGauc [Frank 577:73,74]. La contraffazione, che si manifesta fin dal verso d’esordio, procede con la ripresa di alcuni motivi che, seppur tradizionali nel compianto, risultano collegati in modo particolare per la coincidenza dell’ultima parola in rima e per il quasi identico ordine di successione:
RmGauc: Pus mortz es selh qu’era del mon ses par (v. 3); E Dieus a·l pres e trach d’aquesta vida (v. 7); E per amor que·l dans e la fallida (v. 15) - RmMen: Qu’anc Natura non formet vostre par (v. 11); Lo·ns aia trag d’aquesta prezen vida (v. 7); Quar aissi·ns es la sua mortz falhida (v. 16). In altri casi la consonanza tra le due liriche si limita ai soli rimanti: marrimens : partida : gens : crida : noiritz.
L’imitazione metrico-rimica e le corrispondenze intertestuali sono segnali indicatori che nel piccolo spazio geografico e culturale del Biterrois esisteva un ambiente di relazioni letterarie che accomunava i trovatori. Lo garantirebbe anche il fatto che il compianto di RmMen sia collocabile cronologicamente al dicembre 1270, data presumibile della morte di Déodat, signore del castrum di Boussagues nella diocesi di Béziers, a cui RmMen dedica il suo planh. Poiché il compianto composto in onore di Luigi IX è da far risalire al periodo immediatamente successivo al 25 agosto 1270, viene facile pensare che RmGauc dovesse godere di una certa notorietà nella regione, tanto da indurre RmMen ad offrire come atto d’omaggio a Déodat una lirica che presentasse fin dall’esordio il medesimo andamento solenne, immediatamente evocativo per il pubblico che l’ascoltasse (cfr. A. Radaelli, Raimon Menudet, pp. 489-514).
Sull’atteggiamento filofrancese tra i trovatori del Biterrois, cfr. cap. I, «Ricerca biografica e contesto storico-letterario».
trebalhs ... marrimens: l’effetto di drammatica commozione che si vuole ottenere è descritto da Cropp: «pour exprimer pleinement son cri du cœur, le poète a répété à l’aide de mots synonymes ou presque synonymes son affliction et sa mélancolie fondamentales, créant ainsi une séquence de termes qui constitue un vers entier ou parfois deux ou trois vers. C’est ainsi qu’il a tiré de l’accumulation, trait de style cher à la littérature française médiévale, un effet de pathétique» (Vocabulaire courtois, p. 300). Su trebalhs, cfr. P. Meyer, L’étymologie du prov. trebalh, in Rom, XVII (1888), pp. 421-424, e K. Baldinger, Sémasiologie et onomasiologie, in RLLP, XXVIII (1964), pp. 249-271, a p. 253.
 
3. pus mortz es selh: sulla formularità di questa espressione nel planh occitanico, cfr. nota a V, 5.
ses par: cfr. K. Lewent, Old Provençal son par and ses par Qualifying a Noun, in Studia Neophilologica, XXVIII (1956), pp. 226-235.
Sulla figura leggendaria di San Luigi, cfr. J. Le Goff, I gesti di San Luigi: incontro con un modello e una personalità, in Il meraviglioso e il quotidiano nell’occidente medievale, Bari 1983, pp. 65-80.
 
6. contr’als fals Turcx aunitz: cfr. Gavaud V [BdT 174,10] 43-45: «si·l crezem, qu’ab los sobiras / nos metra, e sara·ns la guitz / sobre·ls fals fellos descauzitz», dove fals è affiancato all’epiteto più frequentemente assegnato ai musulmani nella poesia romanza dei secoli XI-XIII: fels “felloni”, che è il termine adottato nella traduzione; cfr. ad es. Guiot de Dijon, Chanterai por mon corage [S 21] I, 12: «Car felon sont Sarazin» (ed. E. Nissen, Les chansons attribuées à Guiot de Dijon et Jocelin, Paris 1929, pp. 1-3); RicBon, Ir’e dolors s’es dins mon cor asseza [BdT 423,1] 6: «Contr’als fels Turcs, cui Dieus maldia»; si legga J. Dufournet: «les Sarrasins sont félons d’un point de vue féodal et chrétien, coupables d’avoir embrassé l’Islam après la Révélation, retournant ainsi au paganisme et au polythéisme» (Rutebeuf. Poèmes de l’infortune et poèmes de la croisade, Paris 1979, p. 100).
 
7. Dieus a·l pres e trach d’aquesta vida: ritorna il motivo, assai diffuso, “dell’anima gradita a Dio”, in cui si rappresenta la volontà divina che allontana prematuramente dalla vita terrena il giusto di cui si cantano le lodi. L’ascendenza è biblica, cfr. Sap 4,10-14: «Placens Deo factus est dilectus, Et vivens inter peccatores translatus est. Raptus est, ne malitia mutaret intellectum eius, Aut ne fictio deciperet animam illius. [...] Placita enim, erat Deo anima illius: Propter hoc properavit aducere illum de medio iniquitatum»; l’immagine si ispira all’episodio del rapimento di Enoch, cfr. Gen 5,24, Sir 44,16, Eb, 11,5-6 («Fide Henoch translatus est ne videret mortem, et non inveniebatur: quia transtulit illum Deus: ante translationem enim testimonium habuit placuisse Deo [...]»). Il motivo è presente anche in V, 42-43: «E Jhezus Cristz, que·l volia, pres l’a·l melhor jorn de l’an»; RmMen [BdT 405,1] 33-36: «Ai Bossaguas e totz sos mandamens! / La nueg e·l jorn deuriatz sospirar, / quar Dieus vos a volgut desheretar / de selh qu’era...»; JoEst X [BdT 266,1] 21-24: «Aras l’a volgut aver / Nostre Senhors ez ab se retener, / que say mest nos non a laissat aital / ni de Fransa tro·l rey de Portogal»; ricorre anche riferito allo Spirito Santo, cfr. RmMen 6-8: «Per que ieu cre que lo Sant Esperitz / lo·ns aia trag d’aquesta prezen vida / per metre lai en la sant’establida».
Mi pare tuttavia assai importante rilevare qui l’accento amareggiato con cui RmGauc giunge a capovolgere il topos: «pero non l’er trop esta mortz grazida» (v. 8).
 
9. Mortz es lo reis: Luigi IX era partito da Aigues Mortes nel luglio 1270. Dopo essere sbarcato a Tunisi, da dove intendeva proseguire per l’Egitto e la Palestina, fu colpito dalla peste che decimò l’esercito e uccise lo stesso re il 25 agosto. Alla sua morte dedica un compianto anche Guilhem d’Autpol [BdT 206,1] (o Daspol [BdT 122,1]), Fortz tristors es e salvaj’a retraire, cfr. Meyer, Les derniers troubadours, pp. 36-45 e W. D. Paden et al., The poems of the Troubadours Guilhem d’Autpol and “Daspol”, RPh, XLVI (1993), pp. 407-452.
em trastotz perdens: sulla costruzione perifrastica formata dal verbo essere + participio presente, anche al v. 36 «non lur foro ja pueis trop defendens», si vedano i frequenti esempi in VI (cfr. nota al v. 6). Per la formula, cfr. JoEst VI [BdT 266,4] 34-40: «Secors, / amors / de Dieu er guitz / ... / ... / e lai defendens dels percussiens» (Vatteroni, considerandolo participio sostantivato, traduce defendens con “difesa”, cfr. nota a p. 92) e 59: «nos qu’em sai vivens» («si potrebbe anche tradurre “continuiamo a vivere”», Vatteroni, nota al v., p. 92, con rimando a Corti, Studi sulla sintassi della lingua poetica avanti lo Stilnovo, in «Atti e memorie dell’Accademia toscana di Scienze e Lettere “La Colombaria”», XVIII n.s., IV (1953), pp. 263-365).
 
10. lunhs hom: sulla equivalenza al caso retto di hom sigmatico o meno, cfr. nota a III, 11.
 
11. mermar: la lezione del codice è membrar, ma non dà un senso pienamente accettabile (Azaïs, che ha mantenuto la scrizione, traduce: «Et ce n’est par (pas?) pour cela que nous devons nous rappeler sa mort»). Se l’errore è almeno in parte giustificabile paleograficamente (l’inserzione della b può essere stata prodotta da una malagevole lettura del modello), la congettura lo è ancor di più quanto al significato, poiché il motivo per cui la morte del prode ha l’effetto di “diminuire, menomare” il mondo della sua presenza, e di “svilire, avvilire” coloro che gli sono sopravvissuti, è ricorrente nella tradizione dei compianti, cfr. ad es. JoEst X [BdT 266,1] 25-30: «Greu mortz, tu fas plorans / estar ab grans dolors / ducx ez emperadors, / cavaliers e sarjans / e donas malestans / qu’er bayssatz lur valors», 34: «tan de dol n’ay qu’a pauc no·m lays chazer», 61-62: «Pus Dieus nos vols dechazer / ez a luy platz, ben deu a nos plazer»; Id., XI [BdT 266,10] 25-26: «Esta terra·n val menhs per ver / per sa mort e so qu’als pros play»; si veda inoltre Ronsasvals, nel lamento di Rolan alla morte di Estout e Gauceran, 746-750: «Las vostras armas ha Jhezu Crist coman / qu’en paradis las meta sant Juan, / e pos que·l segle si vay de nos mermant, / saludas mi totz cels que am Dieu seran / e digas lur qu’ieu la seray breumant», e in quello di Carlo di fronte a Rolan morto, 1512-1515: «Vos mi sias mon escut e ma lansa, / de mos grans tortz mi prenias venjansa; / perqu’ieu jamays non auray benannansa, / car perdut ay mon gauch e·m creys mermansa».
 
12. pus afortidamens: si noti l’insistenza con cui Raimon sottolinea il concetto della necessità di essere agguerriti, accaniti e risoluti nell’intraprendere una nuova spedizione crociata; l’effetto è prodotto dalla ripetizione, lungo tutta la canzone, del participio passato di afortir e dell’avverbio corrispondente afortidamens: vv. 12 e 20 pus afortidamens, v. 22 pus afortitz, v. 32 pus afortida. Il medesimo procedimento si ritrova in VI con la formula passem tost.
 
13. anar lai: si intende in Terrasanta, contrapposto a estan sai del v. 29 (cfr. nota a VI, 6).
ab armas, gent garnitz: ricorda la formularità di certe espressioni epiche, cfr. GrRouss, 5069 «hui me verez ab armas fer e ardi», 5509 «adrez per armes».
 
14. secorre a selhs: la costruzione secorre + dativo è frequente: cfr. VI, 42: «li secorra e·lh sia aiudans» (cfr. Jensen, Syntaxe, § 428).
 
15. per amor que: sintagma dal valore finale che si ritrova in II, 15: «e per amor qu’aja remembramen» (cfr. nota). Azaïs, che mantiene il valore finale della locuzione in II («et pour que j’aie ressouvenir»), traduce in questo caso: «avec le désir que».
que·l dans e la fallida / restauressem: cfr. ad es. GcFaid IX [BdT 167,30] 4: «que las perdas mi restaura e·ls dans»; RmVid [BdT 411,2] in Appel, Provenzalische Inedita, p. 294, v. 20: «e·m restaura perdas e dans», ma numerosi altri esempi sono raccolti da Perugi, Arnaut Daniel, II, p. 343, nota a X, 33. La coppia sinonimica ritorna al v. 44.
 
16. en alquna partida: locuzione avverbiale con valore conclusivo, cfr. SW, VI, 99,11 : «am Ende, schliesslich», artenuato dalla presenza dell’indefinito: “in qualche misura, in qualche modo, almeno in parte”.
 
17. ar fora temps: può essere paragonata a certe espressioni bibliche care ai predicatori in cui si ammonisce che «il tempo è vicino» (cfr. Giov XII, 23 e XVII, 1: «venit hora» o Paolo, II Cor, VI, 2: «Ecce nunc tempus acceptabile, ecce nunc dies salutis»). Assimilabile a questa è la locuzione «que temps e razos es» di VI, 40 (cfr. E. Schulze-Busacker, Particularités des éléments religieux dans Ronsasvals, in Misc. Horrent, pp. 397-407).
 
18. e clercia o degra prezicar: Raimon rivolge un rimprovero agli esponenti del clero che avrebbero dovuto propagandare il passagium e in citare gli uomini a partire. Il compito era stato affidato a predicatori inviati dalla curia romana, la cui attività veniva sollecitata in una lettera indirizzata al clero di Francia da Clemente IV nel luglio 1265. Ma il pontefice linguadociano appoggiava in realtà il disegno espansionistico di Carlo d’Angiò in Italia, come, già prima di lui, Urbano IV. Le conseguenze di questo atteggiamento sono espresse al v. 27 (cfr. nota).
prezicar (anche al v. 28) è verbo tecnico, appartenente al lessico delle canzoni di crociata; cfr. anche prezic(x) dei vv. 30 e 31.
 
19. perdon donar: già nel 1095 a Clermont, alla proclamazione della prima crociata, si era statuito che il passaggio verso Gerusalemme sarebbe valso pro omni poenitentia. La riconquista dei luoghi santi assumeva quindi anche la connotazione del viaggio devozionale e penitenziale, per cui la Chiesa assicurava ai partenti per la Terrasanta l’indulgenza plenaria. All’epoca delle ultime crociate evidentemente quest’incentivo non era più utilizzato, anzi l’impegno del clero era rivolto all’effetto opposto.
perdon: per “indulgenza, remissione da ogni colpa, mediante espiazione attraverso un pellegrinaggio”, cfr. T.-L., VII, cc. 218-219 e SW, VI, 235 (per l’affine locuzione faire perdon: «Ablass verkünden».
 
24. passar: con questo verbo la crociata si configura come «iter ultramarinum, passagium in terram sanctam». Per la sua reiterata presenza nelle canzoni di crociata, cfr. nota a VI, 6.
negus homs: sintagma al caso obliquo plurale, formato dall’aggettivo indefinito e dal sostantivo hom con -s finale (per homes) indicante il numero e non il caso. Sull’uso in RmGauc del singolare asigmatico e del plurale con -s, con pochissimo rilievo dato alle norme della declinazione bicasuale, in accordo con la tendenza invalsa alla fine del XIII secolo, cfr. nota a I, 11.
 
25. ans vos dirai: formula di parabasi, cfr. ad es. GlPoit III [BdT 183,5] 4 e 10: «E dirai vos»; e inoltre Marc VII [BdT 293,7] 33; XVII [293,17] 1-2; XVIII [BdT 293,18] 1 e 19, etc.
 
26. selhs que la crotz...: per questa costruzione col relativo, cfr. nota a IV, 18.
solïan: l’imperfetto sottolinea maggiormente come fosse ormai decaduta la consuetudine dei predicatori di propagandare il passagium (cfr. R. Lafont, La dessementizacion coma expression del temps: «poder, dever, voler, soler» + infinitiu en ancien occitan, in Estudis de llengua i literatura catalanes oferts a R. Aramon i Serra, Barcelona 1979, p. 360).
 
27. per deniers, la fan a moutz laissar: vi è il probabile riferimento all’autorizzazione concessa il 5 marzo 1265 da Clemente IV al suo legato Simone di Brie (futuro papa Martino IV), d’accordare una dispensa dal votum crucis, in cambio di denaro, a tutti coloro che si fossero impegnati a partecipare all’impresa siciliana di Carlo d’Angiò. Tuttavia le accuse d’immoralità al clero, ritenuto responsabile delle disfatte cristiane, venivano lanciate già nel primo ventennio del secolo da Huon de Saint-Quentin, Jerusalem se plaint et li païs [S 1576] 12-18: «Nostre pastour gardent mal leur berbis, / quant pour deniers cascuns al leu les vent; / mais ke pechiés les a si tous souspris / k’il ont mis Dieu en oubli pour l’argent? Que devenront li richè garniment / k’il aquierent assés vilainement / Des faus loiers k’il ont des croisiés pris?» (ed. A. Serper, Huon de Saint-Quentin, poète satirique et lyrique. Étude historique et édition des textes, Madrid 1983, pp. 83-86); nel dominio occitano si ritrovano in AustAur I [BdT 40,1] 41-44: «Sanh Peire tenc la drecha via, / Mas l’apostolis la·lh desvia / De fals clergues que ten en som poder, que per deniers fan manhs lo mal voler» (ed. A. Jeanroy, Le troubodour Austorc d’Aurillac et son sirventés sur la septième Croisade, in Misc. Chabaneau, pp. 81-87) e in un contemporaneo di RmGauc, RicBon, Ir’e dolors s’es dins mon cor asseza [BdT 423,1] 33-40: «Lo papa fai de perdon gran largueza / contr’als Lombardtz, a Carl’e als Frances / e sai, ves nos, en mostra gran cobeza, / que nostras crotz perdona per tornes. / E qui vol camjar romaria / per la guerra de Lombardia / nostre legatz lor en dara poder, / qu’il vendon Dieu e·l perdon per aver».
 
28. degron: si noti la forma uscente in -on alla 3ª ps. pl. del condizionale II di dever al posto del regolare degran; lo stesso accade con foro (per foran = v. 21) al v. 36, ma questa forma è probabilmente attratta dalle desinenze -on, -o dei congiuntivi imperfetti denhesson (v. 34), volguesson (v. 35) e fosso (v. 37, con valore di condizionale), che si trovano nella medesima cobla. Sulla diffusione delle desinenze -o, -on, cfr. Brunel, Chartes, p. XLI: «Au centre du domaine provençal, depuis l’Auvergne jusqu’au Toulousain et depuis le Quercy jusqu’au Gévaudan et au Nimois, elles supplantent les finales en -an [...] et les finales en -en [...]. Cette dernière contamination s’étend davantage vers l’Est, jusqu’au delà du Rhône où des formes de trois. pers. plur. subj. telles que guerrejun, tenguesson, à côté de tolguessan, montrent en Provence le double courant analogique -on et -an recouvrant -en primitif.» (cfr. inoltre Grafström, Morphologie, §§ 71-72).
las gens: l’articolo plurale davanti a gens dà al termine il significato di “popoli, genti”; altrove invece è mantenuto il valore di singolare collettivo: si veda al v. 32 la gen, e in III, 2; tota gen V, 28; manta gen VIII, 5.
 
29-30. La presenza di domande retoriche in pochi versi, od anche in uno solo, con la risposta immediata del trovatore, caratterizza la cobla enterrogativa (cfr. Leys ed. Gatien-Arnoult, IIl, 296 e Dragonetti, La technique poétique, p. 43). Azaïs ha invece preferito mantenere la frase piana, senza dare rilievo ad alcun procedimento retorico, ponendo la virgola dopo il v. 29 e il punto fermo dopo il v. 30.
 
30. no·i ’s auzitz: per una simile elisione di es, cfr. PCard 4 [BdT 335,47] 43: «car mais de mal i’s sagellat» dell’edizione Vatteroni, Peire Cardenal (I), p. 165, con rimando a Crescini, Manuale, p. 136: «caso ben raro della elisione aferetica». Azaïs ha noy s’.
 
33-40. si per lo mon fos bos acordamens: già nel 1095, papa Urbano II aveva insistito sulla necessità della concordia all’interno della cristianità, e in seguito la pax Dei era stata uno dei punti fondamentali in ogni concilio del XII e XIII secolo. L’invito alla solidarietà e alla fratellanza per poter giungere alla liberazione dei luoghi santi, è un motivo fortemente sentito dai trovatori e dai trovieri, ma ritorna in modo particolarmente simile a RmGauc, in GrRiq, vers VIII [BdT 248,48], canzone di crociata composta in Spagna alla corte di re Alfonso X nel gennaio 1276, 49-56: «Si prelatz, reys, comtes, marques / e totas autras pozestatz / pogues hom trobar acordat, / que plag ni guerra no·y agues, / e fosson tot li tort rendut, / e passesson de bon talan, / tost foran Sarrazin vencut / o combaten o prezican».
 
37. mortz o escofitz: l’espressione è quasi formulare ed è frequente anche in coppie similari, cfr. ad es. RbVaq XIX [BdT 392,3] 61: «Que leu aurem los Turcs totz mortz e rotz».
 
41. Maires de Dieu, Verges emperairitz: l’accostamento della maternità e verginità della Madonna è frequente nelle liriche di devozione a Maria e trova radici nel concetto bernardiano in Verginitate fecunditatem: «Et quidem singularis virginitas, quam non temeravit, sed honoravit fecunditas... Quid horum non mirabile? Quid non incorporabile? Quid non singulare ... sid fecunditas in virgine, an in matre integritate» (PL 183,441). Tra i trovatori si veda ad esempio FolqLun V [BdT 154,6] 46-48: «Reyna maire piussela, / filha de paire piusselh, / vos tenc ieu per ma gensor»; GrRiq vers V [BdT 248,44] 4-5: «Dona, Verges plazens, / maires de Crist filh del Tot-poderos», 36-37: «Per nos, Dona, Verges regina, fos / maires del filh de Dieu tot-poderos»; GrRiq vers XXII [BdT 248,59] 55-56: «Gracïosa Verges, sancta Maria, / maires de Crist filh de Dieu»; GrRiq vers XXIV [BdT 248,86] 33-35: «Crist filhs de Dieu, per qui serem jutjat, / que ... / nasquist del cors de la verge Maria»; PCard XXXVIII [BdT 335,70] 1-5: «Vera Vergena, Maria, / Vera vida, vera fes, / Vera vertatz, vera via, / Vera vertutz, vera res, / Vera maire, ver’amia», etc.
Per il vocativo sigmatico, nota a VIII, 17.
pus pres avetz: il ruolo di corredentrice, legato strettamente al concetto della maternità divina, è attributo fondamentale nella dottrina soteriologica mariana: Maria è salvatrice del genere umano perché ha cooperato alla redenzione con Gesù Cristo salvatore. Tuttavia, considerare pres come participio passato di penre, avrebbe significato attribuire alla Vergine una parte primaria nell’assunzione in cielo delle anime, teologicamente non del tutto corretta. Va però osservato che nei sermoni in lingua volgare è presente la tendenza ad assegnare alla Vergine un altissimo ruolo, tanto da essere a volte equiparata alle tre Persone della Trinità: l’omelia provenzale della Natività della Vergine (ms. Tortosa 106, ed. A Thomas XIX, Sermo sancte, Marie de Nativitate, Hodie nata est, l. 37-38, p. 409) recita infatti: «Ela destruits l’enfer, traix en homen e mes lo en paradis» (cfr. Zink, La prédication en langue romane avant 1300, p. 435 e la nota supra al v. 7); ciò nonostante si è preferito ritenere pres una semplice preposizione, che dà dunque questo senso alla tornada: “Maria, poiché avete accanto a voi il padre (Luigi), proteggetene il figlio (Filippo) nella continuazione vittoriosa dell’impresa”. Una questione esegetica simile si pone anche in PCard 19 [BdT 335,67] 45-48: «Per merce·us prec, domna sainta Maria, / c’al vostre fill me fassas guarentia, / si qu’el prenda los paires e·ls enfans / e·ls meta lai on esta sans Iohans»: per il testo critico Vatteroni ha preferito seguire il codice f (specie per le lezioni prenda e meta) piuttosto che C (ed R): “Per merceus prec dona santa maria quab vostre filh nos siatz bona guia si que prendatz los paires els enfans els metatz lay on esta sanhs iohans”, giustificando in questo modo la lezione scelta: «quest’ultima [prendatz], in sé non erronea, comporta però un’improbabile interpretazione mariana dell’assunzione in cielo delle anime, e risulta inferiore alla lezione conservata da f (prenda). È verosimile che il subarchetipo CRIK leggesse prendatz» (Peire Cardenal (II), p. 198).
 
43. rei Felips: è Philippe III le Hardi, figlio di Luigi IX, asceso al trono capetingio il 25 agosto 1270. Qualche anno dopo, nel 1274, papa Gregorio X convoca il II concilio di Lione con lo scopo di organizzare la nona crociata: ma si raccolgono solo denari. Philippe prende la croce a Parigi il 24 giugno 1275 con la promessa di partire il giorno della festa di S. Giovanni del 1277, ma non partirà. Con la morte di papa Gregorio X nel 1277, si spegne quest’ultimo progetto di una crociata in Terra Santa.

 

 

 

 

 

 

 

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