Databile c. 1264 (comunque ante 1266, anno in cui Jourdan parte per l'Italia al seguito di Carlo d'Angiò), questo testo rappresenta il primo dei due casi di discussione a quattro voci che ci sono giunti (l'altro è il torneyamen De so don yeu soy doptos, nº 6 dell'ed. GUIDA, proposto da Guilhem de Mur). Il tema principale, individualizzato per ogni partecipante, consiste nello scegliere da chi andare: Guiraut chiede a Jordan e Raimon Izarn di decidere dove dirigersi se chiamati da due dame (al primo, in realtà, propone due luoghi, che nascondono il riferimento alle nobildonne), mentre provoca il suo terzo interlocutore, Paulet de Marseille, con l'alternativa tra due re.
La forma particolare di questo torneo (una sola cobla riservata ad ognuno dei partecipanti, più una tornada conclusiva dello sfidante Guiraut Riquier), unito alla proposta iniziale, già formulata in modo da non prevedere un dialogo tra i vari personaggi, lo rende molto simile ad uno scambio di coblas a quattro.
Il primo personaggio chiamato in causa è Jordan IV, signore dell’Isle-Jourdain (1240-1288), presso il quale Guiraut risiedeva nel 1264: con buona probabilità è nella sua corte che si svolge il dibattito. Giudice nel partimen nº 13, egli, secondo ANGLADE ( Guiraut Riquier, pp. 100-101), sarebbe presente con lo pseudonimo di Dardasier anche nei partimens nº 1 (ancora una volta come giudice) e nº 5. La dama di Lautrec (per la quale cfr. anche nota introduttiva al partimen nº 1), è Vaqueira de Montelimart, vedova di Peire de Lautrec, sposata da Jordan in seconde nozze intorno al 1270. L'altra dama ( Livernos) risulta sconosciuta a tutti gli studiosi che si sono occupati di questo torneyamen: si può solo constatare che attualmente Livernon è capoluogo del cantone di Lot, nel Quercy, arrondissement di Figeac.
Il secondo trovatore cui Guiraut propone la scelta è Raimon Izarn, signore di Launac e cugino germano di Jordan IV: un Pierre Yzarn, forse il padre, figura tra i cavalieri di Rouergue che presero parte alla prima crociata di Luigi IX il Santo (1248). Le dame citate al suo riguardo sono Marqueza, probabilmente Marchesa del Baux, prima moglie di Enrico II di Rodez, e una Saissa storicamente ignota: un elogio a na Saisa si trova in una danza anonima (cfr. MAHN, Gedichte, p. 562), ma già per CHABANEAU ( Cinq tensons, p. 126) non può trattarsi della stessa persona. M. DE RIQUER ( Los trovadores, p. 1338, n. 2) accenna alla possibilità che si tratti della stessa dama cui fa riferimento Guiraut d'Espanha ai vv. 2 e 5 della danza Sa gaia semblansa, BdT 244.12, collocabile tra il 1245 ed il 1265 ( 1): «Sa gaia semblansa / de Na Saisa m'agensa, / quar gaiamen m'enansa / sa gaia cabtenensa. / E qui Na Saisa vol vezer, / a Montaigon destueilla».
L'ultimo coautore è Paulet de Marseilla di cui, oltre alla tenso in esame, ci sono giunti altri otto testi ( 2). Per LEVY (ed. di Paulet de Marseille, pp. 264-265) la pastorella del 1265-1266 (che, per il suo contenuto, sembra un sirventese politico) ed il sirventese del 1268 non sono, probabilmente, dello stesso Paulet, così come sarebbe apocrifa anche la stanza a lui attribuita nel torneyamen: si dovrebbe, dunque, presumere l'esistenza di due trovatori di nome Paulet. La posizione di Levy è però confutata in modo convincente da ANGLADE ( Guiraut Riquier, pp. 88-96), che non vede tra i testi le contraddizioni rilevate da Levy. Nel periodo in cui risiede alla corte aragonese (1262-1267), il poeta familiarizza con i temi della propaganda ghibellina (qui testimoniati dalla sua risposta a Guiraut) tramite Costanza, figlia di Manfredi e moglie dell'infante Pietro (AURELL, La vielle, p. 165). La tenso appartiene al periodo catalano e, probabilmente, ad un'epoca precedente la pastorella in cui prende posizione contro Carlo d'Angiò, anche se lo rey que ten Polha non può essere l'angioino, alleato di Urbano IV prima e di Clemente IV poi, ma deve trattarsi di Manfredi, il 'nemico della Chiesa' che regnò dal 1258 al 1266, e che Paulet difende anche nella pastorella (cfr. ed. LEVY, p. 265 e, soprattutto, I. DE RIQUER, Sobre un torneyamen, p. 339, che riprende quanto già affermato nella sua ed. di Paulet de Marselha, p. 179). Non vi sono comunque altre prove che, a questa data, egli abbia già conosciuto Alfonso X.
Infine, come esempio di fedeltà e di sottomissione, Raimon Izarn cita il poeta Guiraudo lo Ros, la cui breve biografia (Biographies, ed. BOUTIÈRE-SCHUTZ, p. 345) è tutta incentrata sulla sua passione per la figlia del conte di Tolosa, amore che, si dice, l'enseingnet a trobar, inducendolo a comporre mantas cansos. Già LEVY (ed. di Paulet de Marseille, p. 289, ripreso dall'ed. di I. DE RIQUER, p. 182) aveva notato una possibile allusione alla canzone Amors mi destrenh e·m greya (BdT 240.3, ed. FINOLI, pp. 1066-1070), in cui, torturato dall'amore, Guiraudet lo Ros invoca la pietà della dama amata. Da notare, in particolare, il rapporto tra i primi due versi della canzone, «Amors mi destrenh e·m greya / pel gensor dona del mon», e i vv. 20-21 del torneo, «no fon destretz per sidons en tal guia / coma yeu soy per la genser c'anc fos».
Dopo l'edizione Pfaff, il torneyamen è stato rivisto da Levy nel suo studio su Paulet de Marseille, nel quale il testo del torneo (pubblicato alle pp. 284-285 senza traduzione, ma con alcune note), riprende con poche modifiche la versione di Pfaff, e, in epoca recente, da I. de Riquer (ed. di Paulet de Marselha, pp. 178-182 e, soprattutto, Sobre un tornejamen provenzal, pp. 335-341), la quale, oltre a fornire l'edizione e la traduzione del testo, concentra l'attenzione sulle motivazioni che spingono Paulet a scegliere Manfredi in risposta all'alternativa offertagli da Guiraut Riquier.
1. Per la grafia senh'en, cfr. la tenzone nº 4, nota al v. 43; già le Leys d'Amor (CRESCINI, Manuale, p. 24) avvertono che la j iniziale ha il valore di g. Per la dittongazione, sie·us, della particella ipotetica (emendata in si·us sia da Levy che da I. de Riquer), cfr. il partimen nº 5, nota al v. 23.
1-4. La scelta tra due dame che danno al poeta appuntamento nello stesso giorno era stata posta da Prebost de Valensa a Savaric de Mauleon nel partimen Savaric, e·us deman (BdT 384.1): «E qand l'autra·n sap lo ver, / Manda·il q'aqel mezeis dia / Li dara·l joi, qe·il qeria. / D'engal pretz e d'un semblan / Son, e chauzetz a cal an» (A. KOLSEN, Dichtungen, pp. 14-21, vv. 10-14).
2. Lautrec è una località situata nell'Albigese, nel dipartimento di Torn, a quindici chilometri a nord-ovest di Castres.
3. a cal atendretz vos: atendre a, qui nel significato classico di 'tendere verso, fare attenzione a'; nel latino medioevale, ATTENDERE assunse anche il senso di «faire sa cour à un seigneur, servir» (cfr. CROPP, Le vocabulaire courtois, p. 193, n. 36).
5. Nel termine guia < WISA (che troviamo, sempre in posizione rimica, anche al v. 20 ed al v. 37, essendo un «lemma che nelle liriche dei trovatori ricorre quasi sempre in fine di verso», GUIDA, 'Jocs' poetici, p. 120, nota al v. 8 del torneyamen Senhe n'Enric, a vos don avantatje) si verifica il fenomeno dell'assorbimento di -z- da parte della -i- tonica (ZUFFEREY, Recherches, p. 117).
5-6. Ellissi del verbo; cfr. anche vv. 7-9.
7. La normalizzazione bicasuale esigerebbe l'emendamento le valens reys. L'espressione valen rey in riferimento a n'Anfos ricorre, oltre che al v. 34, anche nel vers XI, Yverns no·m te de chantar embargat, v. 38 («per lo valen rey castellan n'Anfos»), nella Supplicatio, v. 40 («que per lo Rey valen»), e nell'epistola XII, Tant petit vey prezar, vv. 437-439 («E torni·m cossiros / al valen rey n'Anfos / castelan, que Dieu sal»).
7-9. Ellissi del verbo; cfr. anche vv. 5-6. Le tre domande sono unite da un parallelismo evidente (occorre scegliere tra due richieste di visita), però, a differenza delle alternative proposte a Jordan IV e Raimon Izarn, che «son dos grandes señores y sus intereses van hacia las damas y el amor cortés» (I. DE RIQUER, ed. di Paulet de Marselha, p. 179), al collega trovatore Guiraut Riquier pone una domanda che riguarda, in senso lato, l'accoglienza presso le corti: quanto questo argomento premesse allo stesso Guiraut emerge anche dai vv. 39-41.
8. Baylia ha qui il significato di 'amministrazione, giurisdizione, tutela'; cfr. CROPP, Le vocabulaire courtois, p. 476, n. 14. Per l'uso di que al nominativo, cfr. CRESCINI, Manuale, p. 94: «Que QUEM estesosi anche al nom. ci riconferma la tendenza a ridurre la decl. a sola una forma, quella dell'obl.».
v. 9 [e] quecx prena la tria: lett.: 'e ciascuno si prenda la scelta'. A differenza di Pfaff, che mantiene la lezione ipometra trasmessa dal manoscritto, i successivi editori Levy e I. de Riquer emendano: E quecx prena.
10. no·m partic: la desinenza -c, generalmente utilizzata alla 3ª pers. sing. del perfetto per distinguerla dalla 1ª (secondo le raccomandazioni delle Leys d'Amors, per cui cfr. ZUFFEREY, Recherches, p. 127), designa, in questo verso, una 1ª pers. sing. Cfr. PFISTER, Sprachliches, p. 107, e, soprattutto CAPUSSO, L'Exposition, p. 157, nota al v. 48, dove la studiosa - rimandando a BRUNEL, Les plus anciennes chartes, p. XLIV, e Supplément, p. XV; GRAFSTRÖM, Étude sur la morphologie, § 65-a, pp. 129-131; GUIDA, ed. Gavaudan, p. 143 - sottolinea come, dal punto di vista morfologico, il tratto risulti tipico della regione 'tolosana' e territori finitimi.
12. Nel manoscritto si legge q-,: per q-, = quem, cfr. CAPPELLI, Lexicon abbreviaturarum, p. 303. La questione dell'interpretazione delle abbreviazioni è, però, notoriamente complessa, e lascia, talvolta, qualche margine di dubbio: contro l'interpretazione quem già di Pfaff, infatti, sia Levy che I. de Riquer pongono a testo que. Cochos : 'rapido', ma anche 'désidereux, prompt, ardent' (PD, p. 81), < *COCTARE (FEW, II, p. 830). |
14. si tot no vezia: la particella si (si tot, si be) è seguita, generalmente, da un tempo dell'indicativo quando esprime un'ipotesi realizzabile (cfr. DI GIROLAMO-LEE, Avviamento, p. 82). Vi sono altri tre casi analoghi nella cobla seguente.
15. L'espressione plazens faissos ricorre anche nello scambio di coblas nº 5, v. 4.
18. ensenha, qui ja res no sabia: per qui in funzione di si quis; cfr. JENSEN, The Syntax, p. 154. Cfr. anche la tenzone nº 14, v. 26. Come per l'italiano antico, ensenhar deriva dal lat. tardo INSIGNARE, e «prend le sens de donner l'exemple» (per tale accezione assunta dal verbo nell'opera di Guiraut Riquier, cfr. THIOLIER-MÉJEAN, Les poésies satiriques, p. 180).
20. destretz: per il significato di destrenher, cfr. il partimen nº 1, nota al v. 33.
21. Coma/cuma, con significato equivalente a quello della forma più comune com (LR, II, p. 446), deriva da QUOMODO + AC (REW, 6972 e 57). Per la forma genser al posto dell'accusativo gensor, cfr. Paulet de Marseille, ed. LEVY, p. 289, nota al verso.
22. Pfaff: «si non so conoisia». Il soggetto è Guiraudet lo Ros, il trovatore citato al v. 19 come caso paradigmatico delle sofferenze amorose. I. de Riquer traduce il passo «aunque se lo supone» (Sobre un tornejamen, p. 337).
27. cundia: Pfaff lascia a testo la lezione tradita cundeya, che però crea irregolarità rimica. «[...] le substantif coindia, 'gentilesse, amabilité' apparaît dans les listes de qualités que possède la dame aimée» (CROPP, Le vocabulaire courtois, p. 109).
28. cossiros: cfr. il partimen nº 1, v. 20.
31. La Chiesa è definita falsa da Paulet per il sostegno dato da Urbano IV a Carlo d'Angiò contro il regno di Manfredi. Come già detto nella nota iniziale, Paulet si trovava al soldo dell'infante Pietro d'Aragona, genero di Manfredi, in una posizione, quindi, che lo spingeva a schierarsi con il partito ghibellino.
32. Nell'opera di Guiraut Riquier, il quadrisillabo maystria è utilizzato, sempre in posizione rimica, in Declaratio, v. 284; epistola XII, v. 240; Exposition, v. 310 (per cui cfr. ed. CAPUSSO, p. 173, nota al verso). Tra gli esempi riportati da SW, V, p. 11 (che cita anche il passo di Paulet della tenzone) per illustrare il significato di 'unübertroffen', cfr. Giraut de Borneil, S'era non poia mon chans (BdT 242.66, ed. SHARMAN, pp. 76-77), vv. 17-18, «Q'us motz fatz fas aprendens / e ses maestria», e Cadenet, A! cu·m dona ric coratge (BdT 106.2, ed. ZEMP. p. 138), v. 50, «avinen ses maestria», e relativa nota a p. 144; inoltre, cfr. Peire Cardenal, A totas partz vei mescl'ab avaresa (BdT 335.8, ed. VATTERONI 1990, p. 202), vv. 29-30, «e·l leal larg ses maistria / tenon per fol qar no·s desvia».
33. selh que bon'anc fos: LEVY (ed. di Paulet de Marseille, p. 289) spiega nella nota relativa al verso: «Que bon'anc fos, sc. ora = qui bona hora (natus) fuisset!». La versione dell'ed. Pfaff è bo n’anc fos. Bona, «sous d'hereux auspices, heureusement» (PD, p. 50); «in buona ora, bene» (CRESCINI, Manuale, p. 362). Per le numerose attestazione dell'uso di bon'hora, cfr. LR, III, p. 538.
35. All'espressione partir un joc (JENSEN, The Syntax, p. 200: «to propose a subject for a literary debate») è dedicato un saggio di REMY (De l'expression «partir un jeu», pp. 327-333), nel quale, oltre a sottolineare il significato di 'alternative, choix' assunto dalla locuzione nella poesia lirica (p. 327), si indaga la sua accezione nei testi non lirici.
35-36. Circa il rimprovero sollevato da Paulet per il joc proposto da Guiraut Riquier, cfr. quanto rilevato da I. DE RIQUER, Sobre un tornejamen, p. 341: «Su actitud contrariada ante la pregunta de Guiraut Riquier, su respuesta de no querer ser interrogado sobre 'hechos de juglaría' presagiaban el ambiente difícil que rodeó los últimos años de la actividad de los trovadores profesionales y que el rey Sabio, gran poeta y legislador a la vez, quiso solucionar». Cfr. inoltre il partimen BdT 101.8a, Luchetz, se·us platz mais amar finamen, tra Bonifacio Calvo e Luchetz Gateluz, in cui quest'ultimo si lamenta per il tipo di alternativa impostagli: «Bonifaci, desegal partimen / sabes partir, q'enianz e lejautatz / no·s fan ensems, ni partir no·ls desgratz, / al mieu semblan, enaissi engalmen» (Bonifacio Calvo, ed. BRANCIFORTI, pp. 139-143, vv. 9-12).
38. ad estros: I. de Riquer traduce «atolondradamente», 'stordidamente'. Cfr. prima retroencha, v. 45; Supplicatio, vv. 308 e 446; partimen nº 1, v. 4; partimen nº 2, v. 34; scambio di coblas nº 5, v. 9.
41. partitz: data la scelta iniziale di non normalizzare la declinazione bicasuale, si mantiene (come Pfaff) la lezione del manoscritto. Levy e I. de Riquer emendano partit.
Note
(1) Già ANGLADE (Onomastique, p. 437), citando i due testi a proposito di «Saisa, Saissa», si chiedeva: «Est-ce la même?». (↑)
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