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Betti, Maria Pia. Le Tenzoni del Trovatore Guiraut Riquier. "Studi Mediolatini e Volgare", 44 (1998), pp. 7-193.

248,036=226,003- Guiraut Riquier

Il tema del partimen è proposto da Guiraut: è meglio essere ricchi di fama o di beni? Guilhem sceglie di difendere la prima alternativa; ai vv. 12-18 vi è un chiaro riferimento alla sua maggiore agiatezza economica rispetto all'amico Riquier.
La scelta tra lo laus e·l pres de cavallaria e l'obra era già stata posta da Raimon Berengario V di Provenza a Rodrigo nel contrafactum (ASPERTI, Carlo I d'Angiò, p. 50 e nota e p. 115) Ar chauçes de cavalaria (BdT 393.1), mentre l'attacco più o meno sottile all'avversario per la sua povertà ha dei precedenti in vari testi, tra cui la tenzone bilingue di Raimbaut de Vaqueiras, Domna, tant vos ai preiada (per la quale cfr. la tenzone nº 9, nota al v. 38) e la tenzone tra Bertran de Gordo e Peire Raimon de Tolosa, Totz tos afars es niens (BdT 84.1, ante 1209 o 1211), caratterizzata dalle ingiurie sulla reciproca indigenza (ed. CAVALIERE di Peire Raimon de Tolosa, pp. 114-119). Nella tenzone tra il giullare Bonafe e Blacatz, all'opposto (Seign'en Blacatz, pos per tot vos faill barata, BdT 98.1), è l'immensa ricchezza di Blacatz ad essere posta sotto accusa.
La disputa si svolge, forse durante un convegno letterario, alla corte di Enrico II di Rodez, chiamato in causa come giudice insieme a Eleonora d'Apchier, moglie di Marques de Canilhac e probabilmente nipote del trovatore Garin d'Apchier (v. 56; GUIDA, 'Jocs' poetici, p. 49, ma cfr. anche ANGLADE, Guiraut Riquier, p. 180, n. 2). La citazione della nobildonna «laisse entendre que les dames assistaient à ces jugements et y prenaient sans doute part» (ANGLADE, Guiraut Riquier, p. 182).
PERUGI (Trovatori a Valchiusa, pp. 213-215) mette in stretta relazione la composizione di questo partimen con Razo e dreyt ay si·m chant e·m demori (BdT 233.4; per il testo, traduzione e note di commento, cfr. pp. 15-38), canzone trasmessa sotto il nome di Guilhem de Saint Gregori e attribuita da Appel ad Arnaut Daniel, ma che Perugi assegna allo stesso Guilhem de Mur (1): egli rileva gli elementi (in particolare la rima -ari, per cui cfr. nota al v. 17, e l'impiego dei nomi propri, precisa «sigla stilistica» del trovatore di Mur-de-Barrès) con cui Guiraut alluderebbe, provocatoriamente, alla «canzone incriminata». Per Perugi, «la critica di Guiraut in particolare si appunta sull'ideologia amorosa espressa nella canzone del collega: esorbitando dalla concezione tradizionale dell'amia (cfr. v. 40 e puesc chauzir aisi com vos d'amia) e minacciando in tal modo le regole della scuola e della corte, la ricerca del grat ad ogni costo e il moralismo estremista che essa implica avranno come effetto di alienare a Guilhem tutte le simpatie» (p. 214).
La composizione del partimen risale, probabilmente, agli anni 1280-1281, cioè al secondo periodo che Guiraut ha trascorso alla corte di Rodez: il tono tra risentito e rassegnato della cobla III, infatti, pur nella sua convenzionalità, porta a collocare il componimento in un'epoca posteriore al tentativo più ambizioso di Riquier di assicurarsi una rendita grazie al re Alfonso X di Castiglia, e comunque lontana dalla datazione della tenzone nº 9 (c. 1265), dove la situazione economica dei due trovatori sembra paritaria e non si accenna ancora alla relativa ricchezza di Guilhem.
Per le notizie storiche sulla figura di Guilhem de Mur, cfr. la nota iniziale della tenzone nº 9.
 
2. cortz seguen: espressione tecnica che si riferisce ad un modo di vivere tipico dei trovatori di modeste condizioni (GUIDA, ‘Jocs' poetici, p. 36), per la quale cfr. BERTOLUCCI PIZZORUSSO, La supplica, p. 116, nota al v. 144; nel corpus riquieriano essa ricorre in Supplicatio, v. 797; in Declaratio, v. 215 e v. 352, con variatio, al v. 291, cortz seguir, ripresa nella canzone XXII, Creire m’an fag mey dezir, v. 35; nella tenzone Senhe n'Austorc d'Alboy, lo coms plazens (nº 7 dell'ed. GUIDA), v. 43 (segre cortz). PERUGI (Trovatori a Valchiusa, pp. 213-214) ritiene che la tenzone ci conservi «qualche eco della risonanza e dello scandalo che Razo e dreyt dovette suscitare», e coglie nella proposta di Guiraut «quasi un'indiretta - e forse maligna - allusione alla prossima partenza del collega».
Anar + gerundio è formula tipica per esprimere continuità.
 
3-4. crey se: Pfaff mantiene creisse (e di nuovo al v. 5). Per l'espressione linguisticamente similare creyser pretz, cfr. canzone VI, Aissi cum selh, que franchamen estai, v. 52; canzone XVII, Fis e verays e pus ferms, que no suelh, v. 13; epistola I, Qui a sen et entendemen, v. 65.
 
4. guida: per la questione etimologica (deverbale dal franco *witan o evoluzione dal gotico *wida, per cui REW, 9528), cfr. JENSEN, The Old Provençal Noun, p. 83 e p. 143, n. 117. Lett. 'ai suoi doni non sarà guida del crescere'.
 
8. Ritengo che vida, in questo caso, si riferisca non tanto alla condotta morale di Guilhem, quanto piuttosto alle condizioni materiali. Per questa interpretazione, cfr. Supplicatio, vv. 340-341, Tug devon essercar /aital vida tener, che BERTOLUCCI PIZZORUSSO (La supplica, p. 76) traduce «Tutti hanno l'obbligo di cercare di condurre un tale tenore di vita».
 
10. joc partit: cfr. il partimen nº 6, nota al v. 35.
 
15-16. Diversa la punteggiatura rispetto all'ed. PFAFF: «aurai ioia complida / enans c'ap dos de lieys, qu'es mot grazida». PERUGI, oltre a «rilevare che questa è la prima tenzone in cui GMurs introduce una presenza femminile, mettendola in rapporto diretto col proprio valore di poeta» (Trovatori a Valchiusa, p. 200), identifica lieys qu'es mot grazida con la nominativa citata al v. 17 di Razo e dreyt ay si·m chant e·m demori (p. 214): per il rafforzamento che questa ipotesi trae dall'introduzione nel partimen della rima -ari, cfr. nota al v. 17.
 
17. compari: per le forme della 1ª pers. sing. del presente indicativo allungate in -i, di cui questo partimen fornisce ben cinque esempi (vv. 17, 20, 24, 32, 34), cfr. il partimen nº 1, nota al v. 3. Secondo PERUGI (Trovatori a Valchiusa, p. 214), l'allusione alla nominativa del v. 16 «induce Guiraut - quasi per un riflesso condizionato - aproporre nel secondo dittico di coblas doblas la sintomatica rima in -ari: quasi che Guiraut voglia mettere allo scoperto l'identità dell'autore di Razo e dreyt».
 
17-20. Il trovatore raccoglie e sottolinea il riferimento fatto da Guilhem ai vv. 12-15 alla propria agiatezza rispetto alla condizione di Guiraut Riquier, risentendosi della scarsa delicatezza dimostrata dal compagno. La situazione economica di Guiraut era già emersa nella tenzone nº 9, disputata con Guilhem de Mur nel 1265, dove però - a differenza del testo qui analizzato - i due poeti sembravano trovarsi su un piano di parità.
 
20. compans: per la declinazione analogica companhs-companh a fianco della flessione etimologica companh-companhó, ed alcuni esempi di forme nominative plurali con s finale, cfr. JENSEN, The Old Provençal Noun, pp. 64-65.                                                                                                                                         
Garir < WARJAN, lett. 'garantire, guarire', è qui utilizzato nel senso di 'proteggersi, guardarsi' (LR, III, pp. 430-431).
 
22. a us: qui, come in altri luoghi dell'edizione, considero la forma us (utilizzata al posto di un) un ulteriore esempio della già tante volte rilevata trascuratezza nell'osservanza delle norme che regolano la declinazione bicasuale.
 
24. ampari: verbo tecnico del partimen che ritorna al v. 51, e che «indica da parte dell'interlocutore la scelta e la difesa di uno dei due corni del dilemma» (PERUGI, Trovatori a Valchiusa, pp. 202-203, n. 16). Per doblars, cfr. nota al v. 49.
 
25-31. Raccogliendo la sfida della rima in -ari, Guilhem utilizza nella sua cobla tre nomi propri, confermando, «se ce ne fosse bisogno, il riconoscimento» (PERUGI, Trovatori a Valchiusa, p. 214).
 
25. Sant Alari è citato anche in Razo e dreyt (v. 39): l'emistichio fe que dey sant Alari è, come sottolinea PERUGI (Trovatori a Valchiusa, p. 214) «una sorta d'incrocio fra per saynt Alari e fe que deg saynt Gregori, vv. 39 e rispettivamente 46 di Razo e dreyt». Secondo CHAMBERS (Proper Names, p. 41), nel passo Guilhem si riferisce a Sant'Alarico, un eremita vissuto in un'isola nel lago di Zurigo (morto nel 994), ma è più probabile che, data anche la rima piana, si tratti di Sant'Ilario, sul cui nome, per quanto riguarda il passo di Razo e dreyt, concordano sia la traduzione di PERUGI (Trovatori a Valchiusa, p. 17) che quella di BELTRAMI (Appunti, p. 16).
 
28. lo poder Dari: Guilhem si riferisce quasi certamente al potente re di Persia Dario (522-485 a.C), citato nell'Antico Testamento (Libro di Esdra, 4, 5.24; 5, 5-7) per aver sostenuto, a partire dal secondo anno del suo regno, i Giudei nella ricostruzione nel Tempio di Gerusalemme. Nel suo sirventese Sirventes avols e descortz (BdT 205.6, ed. CALZOLARI, pp. 197-203), Guillem Augier Novella utilizza la figura di Dario (v. 9), in opposizione a quella di Alessandro Magno, il cui nome era da tempo divenuto topico nelle liriche trobadoriche in quanto sinonimo di generosità (per cui cfr. anche il torneyamen Senhe n'Enric, a vos don avantatje, v. 10, testo nº 2 dell'ed. GUIDA), come exemplum per ammonire i malvatz rics homes avars: nel Medioevo, infatti, «si riteneva che Dario avesse perduto il regno e la vita per aver trascurato colpevolmente i nobili della sua corte. In conclusione, nessuno è obbligato a servire un signore che è lento nel ricompensare» (KÖHLER, Sociologia, p. 69).
 
32. s'ap grat m'acuelh silh qu'ieu non dezampari: ripresa in chiave parodica del v. 3 di Razo e dreyt, «Dieu, per l'amor cui per gensor ampari», per cui cfr. PERUGI, Trovatori a Valchiusa, pp. 15 e 214.
dezampari: non molto frequente l'uso della sibilante sonora -z in fine di prefisso, generalmente rappresentata da -s; cfr. ZUFFEREY, Recherches, p. 116.
 
37. dos tans: cfr. il partimen nº 9, nota al v. 28. Per l’aequivocatio dos-don, cfr. nota ai vv. 53-54.
 
38. d<a>n: l'emendamento della forma verbale è necessitato dal senso del dibattito: sono gli 'altri', i signori delle corti da essi frequentate, a 'dare' anche a Guilhem (per esempio v. 31), non certo Guiraut. Per un caso analogo, cfr. il v. 47.
 
39. gelozia: l'accusa consueta dei jocx-partitz è respinta da Guilhem al v. 41 (costituendo quasi una cobla capcaudada), che ritorce contro il concorrente la fulia (v. 44) «di cui era spesso fatto segno» (PERUGI, Trovatori a Valchiusa, p. 215). Cfr. la tenzone Senhe n'Austorc d'Alboy, lo coms plazens (nº 7 dell'ed. GUIDA), v. 11, in cui Austorc, riferendosi a Guilhem de Mur, afferma che «en luy es gilozi' e folors».
 
40. Per l'allusione che Perugi rileva in questo verso, cfr. nota introduttiva al presente testo.
 
41. Per l'uso di de nelle sentenze, cfr. JENSEN, The Syntax, p. 328.
 
42. al mieu jutjat: per jutjar a, cfr. LR, III, p. 607, e SW, IV, p. 289.
 
43. Il sostantivo agrat, qui nell'espressione per bon agrat, 'per buona grazia' (PD, p. 11), è riutilizzato al v. 48. col valore di 'Wohlgefallen' (SW, I, p. 34); per le varie accezioni, cfr. Daude de Pradas, Ben ay'amors, quar anc me fes chauzir (BdT 124.6, ed. SCHUTZ, p. 13), vv. 9-10, «Un joves cors complitz de gran beutat, / guais, amoros, cortes, de bon agrat»; Giraut de Borneil, De chantar /Ab deport (BdT 242.30, ed. SHARMAN, p. 455), vv. 36-37, «Si l'agrat ni·l plaiszer / En defen»; Gui d'Ussel, En tanta guiza·m men'amors (BdT 194.6, ed. AUDIAU, p. 34), vv. 14-15, «E gens cors ab frescas colors, / et agratz - don non avetz par»; Peire Cardenal, Lo mons es aitals tornatz (BdT 335.33, ed. LAVAUD, p. 378 e nota a p. 381), vv. 7-8, «Quo drechura ni vertatz / Non governon mais agratz».
 
44. fulia: la forma usuale è folia: per le grafie alternative folhia, fulhia, cfr. LR, III, pp. 349-350. Per l'accusa di 'ragionare di follia', cfr. ad esempio Folquet de Marseille, Tostemps, si vos sabetz d'amor (BdT 155.24), v. 31, p. 430 dell'ed. SQUILLACIOTI: Folquet[z], vos razonatz folor.
 
46. La particella si seguita da un tempo indicativo nella protasi e da un condizionale nell'apodosi esprime un'ipotesi realizzabile; cfr. partimen nº 6, nota al v. 14.
seri'e[n]: Pfaff interviene, senza dichiararlo, sulla lezione serie, stampando seri'en. Il banale errore è probabilmente dovuto alla non trascrizione del titulus per n finale.
 
47. fa<n>: l'emendamento della lezione fas era già stato suggerito in nota da Pfaff. Per le ragioni dell'intervento, cfr. nota al v. 38.
 
49. doblans: come l'infinito sostantivato doblars del v. 24, anche doblan deriva da DUPLARE (REW, 2800; FEW, III, p. 183; cfr. inoltre LR, IV, pp. 563-564 e SW, II, pp. 259-261).
 
53-54. dos [...] dos: il gioco fonico tra dos, 'due' (v. 53) e dos, 'doni' (v. 54), qui impiegato da Guilhem, è utilizzato da Guiraut Riquier nel vers VI, Grans afans es ad home vergonhos, vv. 18-19; «e·ls ricx lauzatz e blasmatz per un dos. / Quar negus dos non es d'onor complitz» (ed. LONGOBARDI, p. 55).
 
54. dos tirans: cfr. SW, VIII, p. 242, s.v. tirar. «Unklar sind mir die folgenden Stellen». Cfr. PD, p. 364, «recalcitrant; dur, cruel». Ad esempio Gaucelm Faidit, Mouy a poignat amors en mi delir (BdT 167.39, ed. MOUZAT, p. 377), v. 56, «E pois d'aisso m'es escars' e tirans», tradotto dall'editore (p. 381): «Et puis, puisqu'elle est chiche et avare envers moi». In Declaratio, v. 139 («en las cordas tirans»), invece, l'aggettivo è utilizzato da Guiraut Riquier nel significato di «'che tirino', cioè 'ben tirate'» illustrato da BERTOLUCCI PIZZORUSSO nella nota relativa (La supplica, p. 116).
 
 
Nota
 
(1) Per la questione ed il dibattito relativo, cfr. Introduzione, n. 60. ()

 

 

 

 

 

 

 

 

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