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Betti, Maria Pia. Le Tenzoni del Trovatore Guiraut Riquier. "Studi Mediolatini e Volgare", 44 (1998), pp. 7-193.

261,001a=248,040- Jaufre de Pon

Jaufre chiede a Guiraut Riquier quale popolazione, secondo lui, stimi maggiormente il servizio d'amore; Guiraut risponde che i più rispettosi di domneys sono i Catalani, ed in seguito (II cobla e II tornada) afferma la necessità di celar da parte del fine amante. Per l'importanza della segretezza nel rapporto tra il corteggiatore e la nobile dama, cfr. KÖHLER, Sociologia, pp. 101 e 110ss.
Jaufre, cui Riquier si rivolge rispettosamente con senh'en, è con tutta probabilità Jaufre de Pons, genero di Enrico II di Rodez (CHABANEAU, Cinq tensons, p. 125): sotto lo stesso nome in BdT si trova anche il partimen, trasmesso da molti codici - ma non da R - con Rainaut de Pon, Seign'en Jaufre, respondetz mi, si·us platz (BdT 414.1). Secondo, però, quanto raccolto da Chabaneau nella sua monografia Les troubadours Renaud et Geoffroy de Pons, si tratterebbe di due personaggi diversi: dalla vida (per la quale cfr. anche ed. BOUTIÈRE-SCHUTZ, p. 219), che nei mss. I (fr. 854) e K (fr. 12473) precede il partimen con Rainaut, infatti, si ricava che Rainaut de Pon fu un castellano di Saintonge, della marca di Peitieu, e signore del castello di Pon , dove era cavaliere Jaufres de Pon, con cui Rainaut componeva tenzoni. Sulla base dell'antichità dei codici da cui sappiamo essere derivati i manoscritti a noi giunti, Chabaneau stabilisce il periodo di composizione del dialogo in versi attorno al 1200, mentre la biografia sarebbe stata scritta poco prima della morte, avvenuta probabilmente nel 1252.
Nulla è dato, invece, di sapere circa il Jolivet citato da Jaufre.
Nel suo primo saggio su Guiraut Riquier (Guiraut Riquier, p. 181, n. 1), ANGLADE ascrive in maniera dubitativa questa tenzone al periodo rouergate 1280-1281, dichiarandola, comunque, composta dopo il 1270, data in cui egli, in base ad una errata lettura di Pfaff dell'anno nel manoscritto (per cui cfr. BERTOLUCCI, Il canzoniere di un trovatore: il 'libro' di Guiraut Riquier, in Morfologie, p. 101), ritiene sia stata composta la prima retroencha, Pus astres no m'es donatz (BdT 248. 65, ed. PFAFF, nº 54, pp. 80-81, e ed. M. DE RIQUER, III, pp. 1615-1617), «le plus bel éloge qu'un troubadour méridional ait écrit de la Catalogne et des Catalans» (ANGLADE, Les Catalans, p. 577). Nei vv. 13-14 del partimen, infatti, si sentirebbe un eco dell'esaltazione espressa nella retroencha della «gaya» (v. 8) e «bona» (v. 38) Catalogna come luogo ideale di tutti i «verays» amanti (v. 44), che si ritrovano «entre·ls catalans valens / e las donas avinenes» (versi refrain a chiusura di ogni cobla). Nel saggio successivo, però (Les Catalans, p. 579), ANGLADE - per spiegare il motivo per cui egli scelga, dopo questo ulteriore tentativo fallito, di trascorrere dieci anni in Castiglia - suggerisce che la tenzone sia anteriore alla retroencha, ma senza discutere possibili datazioni né confutare la precedente asserzione.
La data corretta della prima retroencha, ripristinata da BERTOLUCCI nel suo studio sulle rubriche del canzoniere riquieriano (Il canzoniere di un trovatore: il 'libro' di Guiraut Riquier, in Morfologie, pp. 87-124) è il 1262: questo fatto rende plausibili e non in contraddizione tra loro entrambe le affermazioni di Anglade, cioè che la tenzone richiami esplicitamente la retroencha (e sono da notare, in particolare, il refrain, «Entre·ls Catalas valens / e las donas avinens», ed il riferimento a dompneys del v. 11), e che sia stata composta prima della partenza per la corte di Alfonso X, forse come estremo tentativo di trovare un protettore catalano.
Per un elenco degli accenni ai Catalani ed alla Catalogna da parte dei poeti provenzali, cfr. l'appendice di ANGLADE a Les Catalans, p. 585, e SCHULZE-BUSACKER, French Conceptions, pp. 31-32 e n. 37 (dove, pur non facendo riferimento alla tenzone qui in esame, si segnala la retroencha riqueriana).
 
3. Il manoscritto trasmette la lezione domney, senza la -s segnacaso del retto; presa a sé, questa forma conferma quanto più volte sottolineato, cioè la disaffezione - ormai inarrestabile - per le regole della bicasualità. Pur astenendomi dall'intervento emendatorio, però, la s- iniziale della parola che segue (segon) lascia spazio all'ipotesi che ci troviamo di fronte ad un caso di aplografia, e che originariamente le norme della declinazione siano state rispettate come negli altri due versi in cui il sostantivo è utilizzato come soggetto (vv. 12 e 14, sempre nella privilegiata posizione di apertura). Per l'uso di domney nella lirica trobadorica, cfr. CROPP, Le vocabulaire courtois, pp. 216-217; cfr. inoltre la prima retroencha, Pos astres no m'es donatz, v. 11: «Quar dompneys, pretz e valors».
 
5. Per c'/que con valore consecutivo, cfr. JENSEN, The Syntax, p. 351.
 
7. pessa: assimilazione di -n ad -s nella sequenza -ns-: le forme pessar e derivati e pessamen sono in assoluto prevalenti nell'opera di Guiraut Riquier rispetto alle corrispondenti con nesso -ns-. «Pensar is most often encountered as an intransitive verb constructed with a prepositional phrase» (JENSEN, The Syntax, p. 201).
Riguardo al sostantivo destric, CROPP segnala che esso «déverbal de l'apr. destrigar, 'retarder, empêcher' (lat. cl. tricari, 'faire des difficultés', d'où le lat. médiéval se tricare, 'se tourmenter', et le lat. médiéval detricare) a signifié 'peine, embarras, dommage'» (Le vocabulaire courtois, p. 297, n. 82). In Guiraut Riquier, cfr. canzone XII, v. 15; epistola III, v. 86; epistola V, v. 218; epistola VI, vv. 88 e 194; epistola VII, vv. 257 e 314; epistola IX, v. 256; epistola XV, v. 50.
 
10. di<t>z: l'emendamento sulla lezione trasmessa è legato a necessità rimiche, benché la tenzone presenti una rima imperfetta anche al v. 3. Si noti, però, che nel canzoniere di Guiraut Riquier la grafia digz è comunemente riservata alla sola forma sostantivata (cfr. canzone IX, Be·m meravelh, co non es enveyos, v. 38; canzone XXV, Gauch ai, quar esper d'amor, v. 51; vers XXI, Res no·m val mos trobars, v. 2).
 
12-16. Insistenza sul sostantivo faitz, in triplice ripetizione morfemica (vv. 12, 14 e 16, con ricercati effetti di parallelismo, data la posizione prerimante) e sempre seguito da aggettivi sinonimi (chauzitz-agradans-benestans).
 
13. Entre·ls Catalas mais renha: come già anticipato nella nota iniziale, Guiraut riprende l'inizio del refrain della prima retroencha, Pus astres no m'es donatz: «entre·ls catalans valens / e las donas avinens».
 
16. benestans: cfr. tenzone nº 4, nota al v. 15.
 
18. mest: voce tipica «del dominio occitanico» (PELLEGRINI, Appunti, p. 50; cfr. anche LR, IV, p. 176, e FEW, VI/2, p. 196, «prép. «parmi, entre» »). In Guiraut, si trova solamente nella canzone VI, Aissi cum selh, que franchamen estai, vv. 26-27: «[...] mal deffenden / son bon vassalh en camp mest gent estranha».
 
19. Ritenendo un errore del copista l'omissione del verbo, mi sembra necessario emendare que la res con qu'e<s> la res.
 
27. s<e>la: l'emendamento della lezione manoscritta sola era già stato suggerito in nota da Pfaff.
Il termine jai (unica occorrenza nel canzoniere riquieriano) è di norma riscontrabile in posizione rimica; sinonimo di joi, esso è utilizzato soprattutto da Giraut de Bornelh, per cui cfr. CROPP, Le vocabulaire courtois, pp. 337-338.
 
28. ginhos: cfr. il partimen nº 1, nota al v. 33.
 
31. per que selan tota via: la necessità di celar in amore verrà di nuovo affermata da Guiraut nell’Exposition, vv. 502-503 (e, per l'importanza di tale topos nella lirica cortese, cfr. la relativa nota nell'ed. CAPUSSO, p. 184): «car amors ses selar / non pot venir a port».
 
33-34. Attraverso l'aggettivo fis/fin, Jaufre stabilisce un parallelismo unificante tra i sostantivi amaire e cor. Nella produzione di Guiraut, cfr. canzone IX, Be·m meravelh, co non es enveyos, vv. 13-15: «A fin'amor sia obediens, / Quar fin'amors non es sen gran temensa. // Totz fis amans deu esser temeros»; canzone XVII, Fis e verays e pus ferms, que no suelh, vv. 35-37: «Quar aitales l'esser dels fis amans. // S'al rey degues dir<e>, qu<e> ie<u> l’ames, / Assatz sembla, que·l porti fin'amor»; partimen nº 3, vv. 55 e 59: «si·s fis aman s'enten /[...]/ de fin cor l'autreya»; partimen nº 7, vv. 25-27: «Folquetz, fin'amors comanda / c'amans afinatz, / pus s'es a don'autreyatz».
 
37. L'espressione faire a + infinito è utilizzata per esprimere obbligo o necessità; l'infinito che segue faire a ha in questo caso valore passivo (cfr. JENSEN, The Syntax, p. 242).
retraire: forma utilizzata solitamente in posizione rimica (limitandosi al canzoniere di Guiraut, cfr. canzone XXIII, v. 14; retroencha II, v. 42; canzone mariana, v. 29; epistolaI, v. 111; epistola VI, v. 97; epistola IX, v. 169; epistola XII, vv. 119 e 235; Exposition, v. 187; epistola XV, v. 207; partimen nº 15, v. 18), assume in questo contesto il significato di «reprocher, imputer» (PD, p. 326).
 
40. bon saber: per il significato, in senso morale, del sintagma, cfr. il vers XIX, Ops m'agra que mos volers, nota al v. 15 dell'ed. LONGOBARDI, p. 126.

 

 

 

 

 

 

 

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