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Boni, Marco. Sordello, Le poesie. Nuova edizione critica con studio introduttivo, traduzioni, note e glossario. Bologna: Palmaverde, 1954.

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1. vai averan: il DE LOLLIS (Vita e poesie di Sord., Halle, 1896, p. 266) ritiene che qui l’-s pronominale enclitico sia assorbito «dall’-s desinenziale del sostantivo al quale si appoggia». Ma è preferibile ritenere con lo SCHULTZ-GORA,rec. al vol. del DE LOLLIS, in Zeitschr. f. rom. Phil., XXI, 1897, p. 249 (il quale ricorda il frequente presentarsi di questa particolarità nell’antico francese, rimandando al GODEFROY), che il verbo sia usato in senso riflessivo senza pronome. L’opinione dello Schultz-Gora è stata accolta dal BERTONI e dallo JEANROY, Un duel poétique au XIIIe siècle, in Ann. du Midi, XXVIII, 1916, p. 299, e dal CAVALIERE, Cento liriche provenzali, Bologna, 1938, p. 571.
 
2. Per questo proverbio cfr. B. PERETZ, Altprovenzalische Sprichwörter, in Romanische Forschungen, III, 1887, p. 442; E. CNYRIM, Sprichwörter, sprichwörtliche Redensarten, Marburg, 1888, p. 39, n. 541 (cfr. anche n. 542). Per esempi francesi cfr. la n. del DE LOLLIS.
 
3. a det: sulla preferenza che merita a cfr. la nota del DE LOLLIS.
 
4. tant fort se feing: seguo l’interpretazione del BERTONI e dello JEANROY, ibid. (ove sono ampiamente illustrati i vari significati di se fenher); se fenher è qui usato nel senso di «se vanter», «se donner des grands airs»; e fort è da considerarsi come avverbio. Cfr. anche A. JEANROY, rec. al vol. del DE LOLLIS, in Revue critique d’hist. et de littérat., XLII, 1896, p. 285; e S. W., III, p. 441, 6. Il DE LOLLIS invece considera fort come un aggettivo. Il verbo ritorna con lo stesso significato al v. 26. - de sobre: il LEVY, rec. al vol. del DE LOLLIS, in Zeitschr. f. rom. Phil., XXII, 1898, p. 255, vorrebbe leggere desobre.
 
6. car en son cor sap...: letteralm. «poiché conosce entro il suo cuore tutti i vizi che vi sono»: altro caso di attrazione nella proposiz. principale di un elemento della proposiz. secondaria (en son cor), che vien richiamato nella proposiz. secondaria da i. Cfr. XLIII, v. 687 e seg.
 
7. qui qe·l retraia: ho seguito l’interpretaz. del Bertoni e dello Jeanroy, i quali però ammettono che il senso della frase non appare del tutto chiaro. Per questo senso del verbo cfr. S. W., VII, p. 30, 10.
 
11. tornas far: torna significa «résistance», «Wiederstand» (cfr. L. R., V, p. 377; S. W., VIII, p. 295, 1); quindi tornas far = «far resistenza». Cfr. anche la nota dell’ed. Bertoni, Jeanroy.
 
12. Seguo il Bertoni e lo Jeanroy, che costruiscono ni·s faria el be del dreich c’auria e traducono «il n’oserait tirer avantage [même] de son bon droit».
 
13. prendre: nel senso di «ricevere»: cfr. S. W., VI, p. 510, 4; DE LOLLIS, ibid., p. 263, n. 26. J. COULET, Le troub. Guilhem Montanhagol, Toulouse, 1898, p. 102, n. 33. Nello stesso senso ricorre al n. XXVI, v. 26-27; XXXV, v. 6 e 7.
 
14. pogues: per l’omissione del que cfr. XVI, v. 26 e 42.
 
15. s’esglaia: A e D hanno s’esmaia, che è la lezione adottata dal DE LOLLIS: ma la voce esmaia è usata in rima al v. 45, ove è data concordemente da tutti i mss., e quindi sarà da preferire, come osserva lo SCHULTZ-GORA, rec. al vol. del DE LOLLIS, p. 249 (la cui opinione è stata accolta anche dal BERTONI e dallo JEANROY) la lezione di I K.
 
16. fantonia: accolgo la congettura proposta dall’APPEL, rec. al vol. del DE LOLLIS, in Literaturblatt f. germ. u. rom. Phil., XIX, 1898, col. 229, e accettata anche dal BERTONI e dallo JEANROY, fondata soprattutto sulla lezione di A, a cui è vicinissima (il trapasso da u a n non offre alcuna difficoltà). Il S. W., III, p. 419 preferisce leggere fatonia (pur registrando anche fantonia, ove però è posto un semplice rimando) e sotto questa voce registra il nostro passo, traducendo fatonia con «Feigheit, Furchtsamkeit», apponendovi tuttavia un punto interrogativo (cfr. LEVY, Petit dict., ove fatonia, colle varianti faitoniafantoniafautonia è tradotta «timidité, lâcheté?»). La voce, di cui questo è l’unico esempio, è da riconnettersi con fantonier o fatonier (per cui cfr. L. R., III, p. 284 e S. W., III, p. 419); cfr. anche A. MISTRAL, Tresor. d. felibr., voce fantouneia. Lo JEANROY, rec. al vol. del DE LOLLIS, aveva precedentemente proposto pautonia (da ricollegarsi col fr. pautonier e con l’it. paltone).
 
18. vai: tutti i mss. hanno vau; la lez. vai è stata proposta dal MUSSAFIA, Zur Kritik und Interpretation rom. Texte, in Sitzungsberichte der Kais. Akademie der Wissenschaften di Vienna, Phil.-hist. Klasse, LV, 1867, p. 1, ed è stata accolta anche dal BERTONI e dallo JEANROY. E veramente sembra che qui il senso e lo schema su cui è costruito il passo (fondato su una continua contrapposizione tra Sordello e Peire Bremon) esigano una terza persona singolare; né si trova documentata in tale persona una forma vau (ho consultato senza risultato anche il recentissimo Supplément della preziosa raccolta del BRUNEL, Les plus anciennes chartes en langue provençale, Paris, 1952). Per giustificare la correzione si potrebbe pensare che vau rappresenti un guasto insinuatosi nell’archetipo comune ai quattro mss., i quali, come è noto, sono assai affini tra loro. Vorrebbe invece mantenere vau lo SCHULTZ-GORA,rec. al vol. del DE LOLLIS, p. 249, il quale però si limita ad osservare: «m. E. die überlieferte Lesart sich verdeitigen lässt», senza precisare come intenda il passo.
 
24. qui: col solito valore di si quis (cfr. IV, v. 8).
 
25. car: cfr. XV, v. 61 e 67; XX, v. 41.
 
26. se feing: vedasi il v. 4. Il DE LOLLIS (Vita e poesie di Sord.,p. 266) pensa che qui il verbo valga «preoccuparsi di», «pensare a...». – sap: il LEVY, S. W., III, p. 441, 6 e VIII, p. 316, 7 propone di correggere in sai; ma ritengo, col Bertoni e con lo Jeanroy, che qui la correzione non sia necessaria e che convenga attenersi alla lezione dei mss.
 
27. torser: probabilmente, come pensa il De Lollis, sta «a significare il torcersi che fa davanti allo specchio chi voglia mirarvi riflessi tutti i punti della propria persona». Può però anche voler dire che Peire Bremon cammina in modo affettato e lezioso (cfr. S. W., III, p. 316, 7).
 
28. de se: ritengo anch’io, col MUSSAFIA, ibid., p. 2, lo SCHULTZ-GORA, ibid., p. 250 e l’ed. BERTONI, JEANROY, che la lezione di D I K sia preferibile. Il DE LOLLIS invece (ibid., p. 267) accoglie e cerca di difendere il desse di A (= «tosto», «immediatamente», «d’un tratto»).
 
31. savaia: savai ha qui il senso di «pervers», «coquin» (cfr. JEANROY, rec. al vol. del DE LOLLIS; BERTONI, JEANROY, Un duel poétique; cfr. S. W., VII, p. 489). Il DE LOLLIS invece traduce dompna savaia con «donna selvaggia».
 
32. castel Babon: costruito nel IX sec. e demolito prima del 1302, era posto, come affermano il BERTONI e lo JEANROY, «sur l’éminence de la place de la Tourrette». Probabilmente attorno ad esso era un quartiere malfamato, o vi erano case di malaffare. Cfr. le note del De Lollis e dell’ed. Bertoni-Jeanroy. Lo Schultz-Gora dubita che si alluda ad un quartiere di Marsiglia.
 
33. camis’ aredar: accolgo l’interpretazione del BERTONI e dello JEANROY (proposta precedentemente dallo JEANROY, rec. al vol. del DE LOLLIS). Il DE LOLLIS invece legge camisa redar.
 
35. capiron: la voce manca sia nel L. R. che nel S. W. e in LEVY, Petit dict.; ma ha lo stesso senso di capairon e capion, che sono registrati in tutti e tre i lessici (L. R., II, p. 320 e 321; S. W., I, p. 201 e 206). Cfr. anche SCHULTZ-GORA, rec. al vol. del DE LOLLIS, p. 249.
 
37. Il DE LOLLIS ha e, si per so a d’amor ren qeil plaja; ma ritengo preferibile (seguendo il BERTONI e lo JEANROY) la lez. di D I K: l’ai (a) di A mi sembra una lectio facilior dovuta a un copista.
 
39-40. Il significato di questi versi è alquanto incerto. Secondo il DE LOLLIS il senso del v. 39 è «ma d’amore egli non si occupa se non per darsi l’aria dell’uomo gaio». Il MUSSAFIA traduce: «Er hat aber nichts von Amor als den leeren Schein, den er, sich freudig stellend, hervorzubringen sich. bestrebt; denn etwas Anderes hat er nicht davon»; ma pensa che non si debba escludere la possibilità che per semblansa gaia sia da riferire alle dame che, dileggiando Peire Bremon, fingono di accogliere le sue richieste d’amore. Lo Schultz-Gora dichiara di accettare l’interpretazione del Mussafia. Il Bertoni e lo Jeanroy intendono (nella nota a p. 300) «il ne prend ces airs de satisfaction (que rien ne justifie) que pour jeter de la poudre aux yeux», e traducono (p. 287) « mais ce ne sont là que des attitudes que prend pour la galerie ce pleutre...» - feignens: secondo il S. W., III, p. 442, 7, la voce significa «träger Mensch, Müssiggänger»; e il Petit dict. ha pure «fainéant», «paresseux». Il Bertoni e lo Jeanroy preferiscono però tradurre «hypocrite». La traduzione «fannullone» è adottata anche dal Cavaliere.
 
44. per que: col significato di «parce que» (cfr. O. SCHULTZ-GORA, Ueber den Liederstreit zwischen Sordel und Peire Bremon, in Archivf. das St. d. n. Spr. u. Lit., XCIII, 1894, p. 138, n. 1 e rec. al vol. del DE LOLLIS, p. 250).
 
46. don: sta in luogo di de so don, per ellissi (così intendono il DE LOLLIS, il BERTONI e lo JEANROY). Lo SCHULTZ-GORA invece (rec. al vol. del DE LOLLIS) dubita di questa spiegazione e vorrebbe intendere «und deswegen», «weswegen».
 
47-48. Lo Schultz-Gora vorrebbe considerare come un soprannome l’espressione «pauc s’essaia»: ma ritengo, col Bertoni e lo Jeanroy, che questa proposta sia inaccettabile. - ab semblan de leon: è interessante notare che, come ha osservato il De Lollis (il quale rimanda per la documentazione allo STIMMING, Bertran de Born, Halle, 1879, p. 240, n. al v. 33 del n. 5), i trovatori provenzali ricordano spesso il leone non come simbolo di ferocia, ma come simbolo di baldanza e di coraggio.

 

 

 

 

 

 

 

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