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Squillacioti, Paolo. Le poesie di Folchetto di Marsiglia. Pisa: Pacini, 1999.

Nuova edizione riveduta e aggiornata per il "Corpus des Troubadours", 2009.

155,001- Folquet de Marselha

«The first four stanzas are paired; the fifth and the tornadas form a third unit. Thus, in stanzas 1 and 2, the speaker addresses Amors, declaring both his suffering on account of love and his continuing faithful service to love despite the torture. Stanzas 3 and 4, in which he addresses the lady, express his fear of showing her how much he suffers and his hope that she might nevertheless discern his pain. The fifth stanza and the tornadas further develop the secrecy of his love»: da questa descrizione preliminare Locher 1980, p. 200 avvia la sua analisi, concentrandosi sulle ripetizioni morfemiche che servono da connettivi fra le coppie di coblas; sono proprio tali strutture intermedie fra l’unità di base della lirica trobadorica, la cobla, e l’intera canzone a costituire la novità metrico-formale più interessante di Amors, merce, «a complex entity, clearly not a loose concatenation of autonomous stanzas» (p. 202).
Datazione (relativa): parte I, § 1.3.2.1.

3. Fra le occorrenze del motivo della morte in vita richiamate da Stroński (p. 83*) va ricordato almeno AimPeg 10,46 (XLVI), 38-39: «per qe·l viure e·l morir / mi fai ensems mesclar»; una ricca esemplificazione, estesa ai poeti siciliani, del più ampio tema del «morire d’amore» è in Picchio Simonelli 1982, pp. 204-10.

4. doblatz me mon martire: cfr. AimPeg 10,20 (XX), 6: «me vai doblan quascun jorn mo martire».

5. hom e servire: come in BnVent 70,35 (XXXV), 13: «Midons sui om et amics e servire», la dittologia conserva tracce dell’originario significato feudale: cfr. Cropp 1975, pp. 77-78 e 220-21.

6. servisis: si veda ancora Cropp 1975, pp. 222-23 e, più in generale, la scheda Servir alle pp. 220-26; altra occorrenza in FqMars 155,3 (VI), 30.

10. servirs: a testo la lezione di  γ (IKKpM) e α (ABDLN) con Cμβ¹L, per la cui ammissibilità morfologica rimando a G.B.Pellegrini 1958, pp. 163-64.

12. et: Stroński adotta neis del solo L (cfr. nies N, ni PS, nes Q), definita dubitativamente «bonne leçon» a p. 200, dove però la utilizza per congiungere LN.

13. qu’al gizardon n’aten: a testo la lezione di una parte di γ(MKpls) e ABUc+CRV: l’altra (qu’en g. n’enten) differisce nella lettera, ma ha il medesimo significato (naturalmente il geerdon enten che in apparato risulta attestato da DcOQPSf può essere interpretato come geerdo n’enten). Può invece esserci dubbio se intendere n’aten / n’enten ‘ne aspiro’ come faccio io seguendo Stroński («puisque vous savez que j’en désire avoire récompense»), oppure ‘non aspiro’ come propone Salverda de Grave 1911, p. 502 («que je ne me soucie pas d’avoir une récompense») che pensa a un’allusione al v. 10.

17. chausimen: alterna nella tradizione con iauzimen di DPSUc, con uno scambio in rima che a parere di Antonelli 1977, p. 34 «poteva essere facilissimo»: all’esemplificazione dello studioso, che comprende BnVent 70,3 (III), 11; 70,10 (X), 5 e 19; 70,6 (VI), 36, aggiungo FqMars 155,3 (VI), 22: «chauzimen» e iauzimenz IOV, zausimens KP (con z- allungata sotto il rigo, grafia ambigua che potrebbe valere j-: un segno simile nel ms. L vale appunto j: vd. per es. nhajasz a c. 118r, r. 7) e 155,17 (XVI), 21: «chauzimen» e jauzimen Dcf. Segnalo inoltre il comportamento opposto di Kolsen e Sharman in merito al mot tornat, confermato da tutti i codici, 37:49 chauzimen in GrBorn 242,19: il primo editore emenda 49 in jauzimen, mentre la seconda riserva la correzione al v. 19, laddove J.-J. Salverda de Grave, scrivendo a proposito del v. 49: «Tous les manuscrits donnent chauzimen, malgré le v. 37. Kolsen change en jauzimen», pare proporre il mantenimento della lezione tràdita (cito dalle Observations sur l’art lyrique de Guiraut de Bornelh, Amsterdam 1938, p. 92). Un’analisi delle valenze semantiche di chauzimen è in Cropp 1975, pp. 177-80 (si considerino inoltre, su jauzimen, le pp. 338-40).

19. que·l cor plora: hanno l’apparenza di banalizzazioni le lezioni qu’e mon cor plor (qem G) di α (ABGDLNUc) e qu’ins e·l cor plor di una parte di β (CEJ): evidentemente è stato frainteso il richiamo al topos degli occhi del cuore, presente anche in FqMars 155,6 (XVII), 36 (si veda la nota del Commento).

20. enoios: altrove l’aggettivo ha un valore ben più negativo: si veda per es. BnVent 70,13 (XIII), 46-47: «Amors, cil que·us volon delir, / son enoyos e desliau» (cfr. Cropp 1975, pp. 240 e 252).

22. non cujera·l: considerata la diffrazione descritta nella Nota al testo e che interessa il primo emistichio del verso, vedrei la soluzione nella lezione di IK (e cfr. nom cuiaeral di KpM): essa permette inoltre, sia detto senza che se ne possa inferire nulla sulla bontà della lezione a testo, anche la conservazione della cesura lirica, assente in EJR+DQOls (anc non cugei) e PS (et ia non crei).

23. poges el: conseguentemente all’ipotesi di trasmissione orizzontale avanzata nella Nota al testo, qui e ai vv. 24-25, rinuncio alla semplice riproduzione della versione γ: per un verso rispetto al volgues di EJR+DGLNPS, con cui s’intende che è la donna (o, meglio, la sua persona orgogliosa) a collocare volontariamente il desiderio nel corpo di chi dice io, poges di γ (IKOlsKpMQ) e ABCfUc, conferisce quasi un senso di impotente sorpresa all’azione inaspettata; tuttavia al di KpMUc e CEJRV (+ qal Q), appare inferiore, in quanto assire regge di norma en e per di più al potrebbe essere stato indotto da un errato riferimento di mieu a lonc dezir, invece che a cors sottinteso.

24. mas per paor non: per analogia con la costruzione del v. 20, in cui a per paor segue una negazione, accolgo la lezione di QUc, sia pure minoritaria, ma almeno per Q riconducibile a γ, oltre che inquadrabile nell’ipotesi di trasmissione orizzontale sopra esposta; la memoria del v. 20 può inoltre aver indotto la lezione del primo emistichio di ABDGLN+EJ mas per paor que (qieu AB, qem D). Per il v. 25 rimando alla Nota al testo.

25. maltrag: si veda la nota a FqMars 155,27 (X), 23.

27-28. Il testo delle versioni γ (IKKpMOls) e β (CEJRVf) appare col suo enjambement più complesso di quello di α (ABDGN+c): quest’ultimo presenta alla fine del v. 27 una formula stereotipata, mon escien, in luogo del primo membro sintattico (si donx no men) della frase che scavalca il verso. LPSQ, e al v. 27 anche U, presentano un testo innovativo a partire comunque dalla versione β: qadoncs nagran (n. il U, nhagraz L) merce se el (seu U, sel L) no men / lo (ai P, li PS) dolz esgard qem fai (qin fan PS) semblan (uostroil Q) parven; in L entrambi i versi sono scritti su rasura, ed è probabile che il testo eraso fosse omogeneo a quello di α: cfr. supra la Nota al testo.

36. Altre occorrenze trobadoriche dell’espressione dir lo cor in Asperti 1990, p. 480 (a proposito di RmJord 404,12 (XII), 50: «Mon cor l’ai dig, a liei noqua·n sove»).

37. Che la costruzione di γ sia difficilior rispetto a quelle testimoniate da α e β è opinione, condivisibile, di Stroński che rimanda a FqMars 155,10 (XII), 5-7: «car lais [...] qu(e) [...] no m’enpren» e si dilunga su una costruzione analoga ma con doppia negazione (cfr. pp. 225-26); più pertinente l’ulteriore esemplificazione nelle Additions et corrections, p. 272.

 

Postilla 2009

Della canzone e la sua ricezione si occupa Washer 2007.

 

 

 

 

 

 

 

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