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Betti, Maria Pia. Le Tenzoni del Trovatore Guiraut Riquier. "Studi Mediolatini e Volgare", 44 (1998), pp. 7-193.

248,020=179,001- Guiraut Riquier

Il tema del dibattito, posto da Guiraut Riquier al conte di Astarac, è il seguente: il conte sarà chiuso per un anno in una torre con la più bella dama; del mondo; o egli l'amerà perdutamente odiato da lei, o, viceversa, sarà lei ad amarlo e lui ad odiarla. Temendo il biasimo di Amore, il conte d'Astarac sceglie di difendere la prima alternativa.
ANGLADE (Guiraut Riquier, pp. 185-186) fìssa la data al 1282, durante il secondo soggiorno di Guiraut a Rodez. Per CASTETS (recensione a J. ANGLADE, p. 255, n. 1) la tenzone fu più precisamente dibattuta alla corte di Bernardo IV, conte d'Astarac (1249-1291), interlocutore del partimen e frequentatore del colto ambiente creato da Enrico II. L'ipotesi sostenuta da CHABANEAU (Cinq tensons, p. 122) e JEANROY (La Poésie lyrique, p. 285) circa un soggiorno di Guiraut presso Bernardo già nel 1276 - di per sé plausibile, dato che proprio allora cominciavano ad incrinarsi i rapporti del trovatore con il re casigliano - si basava, sostanzialmente, sulla citazione di Astarac nel verso iniziale della pastorella V, D'Astarac venia, ascritta al 1276 dalla rubrica del ms. C. Tale datazione è stata, però, successivamente ridiscussa da Anglade, che nei vv. 26-27 (Senher, vas Granada / va·l reys de Castella) individuava un riferimento alla spedizione del 1281 di Alfonso X contro Granada, inspiegabile nel periodo immediatamente precedente, dal momento che il sovrano e l'emiro avevano stipulato una tregua. Del resto, negli stessi anni 1281-1284 si concentrano le altre citazioni del conte di Astarac nelle liriche di Guiraut Riquier che, oltre ad elogiarlo nel vers XVI, Lo mons par enchantatz, vv. 56-59, e a menzionare la sua contea nella pastorella VI, A Saint Pos de Tomeiras, v. 98, lo coinvolge come giudice nel torneyamen Senhe n'Enric, us reys un ric avar (ed. GUIDA, nº 5, pp. 175-205).
Il giudizio è richiesto, di comune accordo, a Jordan IV, signore dell’Isle-Jourdain (vicino a Rodez), già incontrato come interlocutore nel torneyamen nº 6, cui rimando per le notizie relative al personaggio.
 
3. Comune l'uso della formula avverbiale ins en; cfr. il torneyamen Senhe n'Enric, us reys un ric avar (nº 5 dell'ed. GUIDA, pp. 175-205), vv. 81-82: «Guiraut, pieitz tratz lo pros quins en la fanha / tomba son pretz».
 
4. Indicazioni temporali ricorrono più volte nel canzoniere riquieriano: cfr. pastorella VI, A Saint Pos de Tomeiras, v. 57; epistola VI, Per re non puesc estar, vv. 189 e 199; epistola XV, Si·m fos tan de poder, v. 64; torneyamen De so don yeu soy doptos (nº 6 dell'ed. GUIDA), v. 7.
 
6. Aziratz, con ellissi dell'ausiliare, il cui tempo si può desumere dalla coordinata successiva. Per la grafia alternativa adziratz, cfr. il partimen nº 10, v. 54.
 
6-9. Pfaff interpreta queste frasi come interrogative dirette: «[...] et vos aziratz / Per eia? O seretz amatz / Per lieys, mas fel coratie / L'auretz?»
 
8. La stessa espressione aver fel coratje ricorre al v. 63. Cfr. anche epistola VII, Si·m fos saber grazitz, v. 404: «ni dir mal ses cor fel». Per la declinazione fels, fel (il caso retto maschile si trova al v. 18, il femminile al v. 26), accanto alla regolare fel, felon, cfr. CRESCINI, Manuale, p. 67, n. 2. Cfr. Bernart de Ventadorn, Lo rossinhols s'esbaudeya (BdT 70.29), vv. 33-36, «Om no la ve que no creya / sos bels olhs e so semblan, / e no cre qu'ilh aver deya / felo cor ni mal talan», e Can vei la flor, l'erba vert e la folha (BdT 70.42), v. 36, «Ja no m'aya cor felo ni sauvatge» (ed. APPEL, rispettivamente pp. 175-176 e p. 243).
 
9. tener dan: PD, p. 105 «nuire, porter préjudice».
 
15. salvatje: cfr. Guida a proposito del v. 17 del torneyamen Senhe n'Enric, a vos don avantatje (nº 2 della sua ed., p. 123): «Vos avete pres a ley d'ome salvatje».
 
17-18. I versi esprimono un'ipotesi realizzabile e Pfaff, giustamente, ponendo a testo l'er'ap, interpreta er' come un indicativo imperfetto (era). I casi di futuro dopo la particella ipotetica si sono, infatti, mólto rari; a questo proposito cfr. JENSEN, The Syntax, p. 268.
 
19. Per l'espressione pus/plus... no, cfr. CRESCINI, Manuale, p. 433.
 
20. Pfaff: sil l'avia, a fronte della lezione manoscritta sil avia.
 
22. ten en azir: cfr. il partimen nº 12, nota al v. 52.
 
23-24. Incrocio di polittoti realizzati mediante verbi con significato opposto (vieuretz-vieur', moren-murir) per esprimere lo stato della malinconia.
 
24. Pfaff: vieure.
 
27. mens [de] mal: integrazione della particella partitiva come proposta per emendare l'ipometria del verso, non risolta, invece, da Pfaff.
 
30. Per l'antitesi aman desamatz, cfr. anche lo scambio di coblas nº 5, v. 20 (desamatz am) ed il partimen nº 10, v. 51 (amar desamatz).
 
35. Lengatje è un termine tecnico piuttosto insolito qui, poiché indica semplicemente il parlare (per l'ambito sensoriale, cfr. anche il vezers del verso seguente). Nell'opera di Guiraut, esso è invece utilizzato per indicare l'appartenenza linguistica (cfr. Declaratio, v. 191 ) o il luogo di provenienza di una persona (cfr. vers IV, Ples de tristor, marritz e doloiros, v. 16 e relativa nota nell'ed. LONGOBARDI, p. 49); nel torneyamen Senhe n'Enric, a vos don avantatje, v. 63, inoltre, il termine lengatje sembra voler sottolineare la distanza culturale tra il giudice chierico e i contendenti trovatori (cfr. ed. GUIDA, p. 129, nota al v. 63).
 
37. Pfaff: coven, tot jorn. Per l'omissione del que (fenomeno che troviamo anche al v. 50), cfr. il partimen nº 10, nota al v. 22.
 
40. Pfaff: qu'en er datz; la lezione manoscritta: q-, ner datz, con buco della pergamena prima di ner. Per q-, = quem, cfr. il torneyamen nº 6, nota al v. 12.
mens d'afan ...n'er datz: cfr. vers XXI, Res no·m val mos trobars, v. 52: «per menhs d'afan sufrir».
 
42. peys: nella cobla V, Guiraut Riquier dà particolare risalto al concetto negativo racchiuso in peys/peytz, che ritroviamo, in triplice ripetizione morfemica, anche ai vv. 44 e 47.
 
43. Per a deshonor, cfr. vers X, Qui·m disses, non a dos ans, vv. 49-50, «[...] qu'a deshonor / me pogues ab dan tornar»; Declaratio, Si tot s'es grans afans, v. 181, «a deshonor viven», e v. 333, «vivon a deshonor».
 
45-46. Guiraut si riferisce al fatto che gli amanti sono chiusi nella torre.
 
47. Ripresa in modo esplicito della frase (implicita) del v. 44, sottolineata dalla rima grammaticale.
 
48. Particolarmente efficace il paragone con il serpens de boscatje, che evoca insieme l'insidiosità dell'animale e l'oscurità dell'ambiente in cui vive. Per l'esito comune in tj del suffisso latino -ATICUM, cfr. (proprio a proposito di boscatjes) BERNHARDT, ed. di N'At de Mons, pp. XXXI-XXXII.
 
49. cug: sebbene il passo lasci spazio alla possibilità che il soggetto sia lo stesso Guiraut ('io penso di essere con un serpente di boscaglia', in riferimento a quanto affermato dal conte), sembra preferibile attribuire la voce verbale alla dama chiusa nella torre: si interpreta quindi cug come forma del congiuntivo presente con valore potenziale.
 
50. braus: riprendendone l'aggettivo, Guiraut richiama - nella stessa posizione stronca - la chiusa della prima cobla del conte d'Astarac (la seconda del componimento).
 
51-52. L'espressione per pec tener è analizzata da PFISTER, Sprachliches, p. 110, a proposito dell'epistola VI, Per re non puesc estar, v. 73, «que·l fa per pec tener», che Linskill (Les Épîtres, p. 81) traduce «en le faisant paraître sot». Per Pfister «Diese Übersetzung ist kaum zutreffend; tener pec heißt 'nuire à q., porter préjudice à q.'. Linskill interpretiert vermutlich pec anstelle von pieg; vgl. apr. pec m. 'faute, dommage' (FEW 8, 98b)». Nel verso del partimen qui analizzato, pec (LR, IV, p. 475) è senz'altro un aggettivo che, come in altri dialoghi riquieriani (partimen nº 15, v. 45, riferito al verbo sostantivato razonar, torneyamen De so don yeu soy doptos, nº 6 dell ed. GUIDA, pp. 180-182, con ben cinque occorrenze - vv. 31, 33, 52, 60, 75 - in aggiunta al verbo pegueiar del v. 69), è utilizzato per accusare l'avversario di parlare o argomentare scioccamente. Cfr. PD, p. 284: «pec adj. sot, niais, stupide», THIOLIER-MÉJEAN, Les poésies satiriques, p. 174: «Le sot est dit pec».
 
52. Per martir col significato di 'martirio' oltre che di 'martire', cfr. PD, p. 238.
Per la forma etimologica tenc, indicativo presente 1ª sing., cfr. il partimen nº 1, nota al v. 28.
 
53. Langor, forma in rima della serena, Ad un fin aman fon datz, vv. 30-32: «donc gardatz / d'est aman en qual langor / era·l jorn d'afan aizius».
 
56. tant de latz: per de latz con valore avverbiale, cfr. LR, IV, p. 26, e SW, IV, p. 333. Cfr. la serena di Guiraut, Ad un fin aman fon datz, vv. 19-20, «Nulhs hom non era de latz / a l'aman», che M. DE RIQUER, Los trovadores, p. 1614, traduce: «Todos cuantos se hallaban cerca del enamorado».
 
57. Semblar n'es, futuro disgiunto. Per l'uso pleonastico di en < INDE, cfr. JENSEN, The Sintax, p. 317.
 
60. Bernardo IV ribadisce quanto già espresso al v. 13 utilizzando un'espressione appena variata.
 
62. Per il significato qui assunto dal sostantivo privatz, cfr. il partimen nº 3, v. 58.
 
63. a fel coratje: cfr. nota al v. 8.
 
66. Pfaff: soven sera i mandatz.
 
66-68. Nell'interpretazione qui proposta il conte di Astarac replica a Guiraut che l'essere privatz della dama diventa una necessità, essendo i due soli nella torre, senza messatje (PD, p. 246, 'messager, valet, domestique').
 
68. Pfaff: aven. In alcuni, rari casi, la grafia ave- del manoscritto può corrispondere alla 1ª pers. plur. dell'indicativo presente di aver (cfr. il partimen nº 10, nota ai vv. 51-52).

 

 

 

 

 

 

 

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