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Boni, Marco. Sordello, Le poesie. Nuova edizione critica con studio introduttivo, traduzioni, note e glossario. Bologna: Palmaverde, 1954.

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1-2. Il rimprovero rivolto agli occhi è uno dei motivi più comuni della lirica trobadorica (si cfr. il lungo elenco di passi in cui ricorre dato dal DE LOLLIS, Vita e poesie di Sord., Halle, 1896, p. 288, che potrebbe essere accresciuto), ma generalmente si presenta in modo diverso, poiché gli occhi sono biasimati in quanto responsabili dell’innamoramento. Con tale motivo sarà forse da ricollegare questo ritornello, senza che peraltro sia possibile precisare se la divergenza che qui si nota dalla comune tradizione sia dovuta a Sordello o a qualche altra lirica a cui egli ebbe a ispirarsi. Il BERTONI, I trov. d’It., Modena, 1915, p. 536, mette innanzi anche l’ipotesi che Sordello si sia qui ispirato a un ritornello popolare, o possa eventualmente aver desunto il ritornello dalla poesia popolare provenzale, forse levigandolo e nobilitandolo alquanto. Comunque, per questo ritornello la lirica offre un singolare interesse; ed era già stata segnalata dal SACHS, Belträge zur provenzalischen Poesie, in Archiv f. das St. d. n. Spr. u. Lit., XV, p. 256, come una delle poche liriche munite di ritornello ad ogni stanza. Per la forma fau cfr. quanto si è detto nell’Introduzione, p. CLXXVII; e cfr. BERTONI, ibid., p. 536 e seg.
 
7. domna de plazensa: vale «donna piacente», «donna avvenente», come già avevano chiarito lo SCHULTZ-GORA, Die Lebensverhältnissen der italienischen Trobadors, inZeitschr. f. rom. Phil., VII, p. 206, il DE LOLLIS, ibid., p. 288 e il BERTONI, ibid., p. 537 (e cfr. S. W., che traduce l’espressione de plazensa con «wohlgefällig, anmutig»; cfr. anche L. R. IV, p. 560). L’espressione de plazensa in questo senso era frequentissima: basti citare Blacatz, 2, v. 24 ab bels dichz de plazensa (ed. O.SOLTAU, Die Werke des trobadors Blacatz, in Zeitschr. f. rom. Phil., XXIII,1899, p. 246), Peire Guilhem de Luserna, 2, v. 23-24 qu’il affar / de lai son tuit de plazensa (ed. BERTONI, I trov. d’It., p. 276), e Amanieu de Sescas, A vos que eu am, v. 78 que·ls faitz e·ls ditz son de plazensa (ed. C. APPEL, Prov. Chrest., Leipzig, 1930, p. 140). Ebbe torto quindi il MAHN, Werke der Trobadors, Berlin, 1846-86, p. 246 a stampare in questo passo di Sordello Plazensa con la maiuscola; ed ebbe pure torto il DE BARTHOLOMAEIS a fare altrettanto nel passo di Peire Guilhem de Luserna (Il sirventese di Aimeric de Peguilhan, in Studi romanzi, VII, 1901, p. 30 e Poesie prov. stor., Roma, 1931, II, p. 60; per quanto in quest’ultima opera l’espressione sia intesa rettamente, a p. 61). Naturalmente, ciò non toglie, come è stato osservato, che nella lirica provenzale i giochi di parole fondati su nomi di città siano assai frequenti.
 
16. prenc: forma analogica di prima persona sing. dell’indic. pres., che si trova anche nelle liriche XII, v. 7 e XVII, v. 11. Cfr. V. CRESCINI, Manuale per l’avviamento, Milano, 1926, p. 110.
 
23. deynha: qui denhar ha il senso di «accogliere», «volere», o meglio «degnarsi di accogliere», come nella lirica XXXVIII, v. 8. Cfr. Arnaut Daniel, 1, v. 32 Que s’autra ‘n voil ni ‘n deing, donc si’ eu secs e 3, v. 16 Per autra qui·t deing ni·t vuoilla (ed. U. A. CANELLO, La vita e le opere di Arnaldo Daniello, Halle, 1883, p. 114 e 116), a cui si può aggiungere Bonifacio Calvo, 2, v. 72 qe·l deinh’ e vueill en grat prendre (lezione di a’, preferibile a quella dell’ed. PELAEZ: cfr. BERTONI, ibid., p. 428 e 537). In tutti questi esempi denhar è unito, come si vede, a voler. Per altri es. cfr. S. W., II, p. 89.
 
24. ni·m puesc penssar: si noti il pronome riflessivo pleonastico ·m. Tale uso pleonastico del pronome riflessivo (specie di dativus commodi) è assai frequente con i verbi intransitivi o transitivi usati in senso neutro, particolarmente con quelli che esprimono uno stato d’animo (cfr. F. DIEZ, Gramm., Bonn, 1882, p. 903). Non occorre citare esempi: cfr. in questa stessa lirica i v. 25 e 28; e XI, v. 29; XIV, v. 23; XLIII, v. 545, 907, 1254.
 
25. ni·m tenha: di se tener col significato di «dirigersi» non mancano esempi: cfr. L. R., p. 332 e S. W., VIII, p. 157, 32. Ma in questo senso è più comune la forma non riflessiva: S. W., VIII, p. 154 e seg., 22; A. STIMMING, Bertr. de Born, sein Leben und seine Werke, Halle, 1879, p. 276, n. al v. 38 del n. 26.
 
29. m’ en prenha: per il frequente uso impers. di prendre nel senso di «accadere» cfr. S. W., VI, p. 514, 22 e APPEL, Prov. Chrest., glossario.
 
30. mielhs, nel senso di «più»: cfr. S. W., V, p. 179, 1.
 
34-36. II passo, non bene inteso dal DE LOLLIS, che poneva punto e virgola dopo retraire, considerando la proposizione iniziantesi con de que dipendente da sap be, venne chiarito dal MUSSAFIA, Zur Kritik und Interpretation rom. Texte, in Sitzungsberichte d. Kais. Akad. d. Wiss. di Vienna, Phil. - hist. Klasse, CXXXIV, 1895, IX Abh., p. 17 e seg., che ben vide che de que m’es gen deve considerarsi proposizione incidentale e porsi tra due virgole, e che el equivale a en lo; interpretazione accolta dallo SCHULTZ-GORA, rec. al vol. del DE LOLLIS, in Zeitschr. f. rom. Phil., XXI, 1897, p. 255, e dal BERTONI, I trov. d’It., p. 537. Lo SCHULTZ-GORA ha osservato inoltre che l’espressione de que m’es gen è parallela all’espressione, non del tutto rara, de que·m plai, per cui cfr. APPEL, ibid., n. 46 v. 14, p. 85.
 
37. far o desfaire: espressione anch’essa non rara: cfr. Folquet de Romans, epist. Domna, eu, v. 34 Vos me podetz far e desfar (ed. R. ZENKER, Die Gedichte des Folquet von Romans, Halle, 1896, p. 73); Blacatz, 2, v. 20-21 Q’ela·m pot desfaire / e se·s voi refaire (ed. SOLTAU, p. 246; e cfr. note in Zeitsch. f. rom. Phil., XXIV, 1900, p. 57).
 
40. morir viven: per l’espressione, che ricorre spesso nella poesia trobadorica, cfr. J. COULET, Le troub. Guilhem Montanhagol, Toulouse, 1898, p. 172; e cfr. XVI, v. 15.
 
43-44. Per la frequente ellissi del que in simili casi cfr. DIEZ, Gramm., p. 1013. Ricorre altre volte anche in Sordello: cfr. ad es. Ens. (XLIII), v. 826.

 

 

 

 

 

 

 

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