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Vatteroni, Sergio. Le poesie del trovatore Johan Esteve. Pisa: Pacini, 1986.

266,005- Joan Esteve

5. Per pensar de ‘pensare a’ cfr. DIEZ, Grammaire, III p. 151; SW VI p. 220 n. 9.
 
7. Cfr. AUDIAU, La pastourelle, XXII, vv. 5-6 En un deves, prop d’un cortil, / trobey pastor’ab cors yrnelh; SCHULZE-BUSACKER, L’exorde, p. 229 nota 28.
 
13. vetat: cfr. SW VIII p. 714 «‘gestreift’ fast stets von Stoffen» (es. drap vetat negre); FEW XIV p. 570 (VĬTTA).
 
14. e: cfr. APPEL, Prov. Chrest. 89. 4, 6, e gloss.: «und ebenso».
 
16. lunhs: forma metatetica per nulhs, cfr. APPEL, Lautlehre, p. 95. Così anche in IV 82; X 58; XI 12.
 
18. Il passo è citato e discusso in SW VI p. 133: «übersetz Rayn. Z. 8 ‘produisit ses raisons’, AZAÏS ‘fit ses raisonnements’. Es ist m. E. zu deuten ‘begann ihre Rede’».
 
19. Tutti gli editori gai’e. Non accolgo l’emendamento dato che in questo caso si può avere sinalefe.
 
21. Tutti gli editori mon; ma il ms., come in IV 38, 77, ha mom per fonetica sintattica.
 
22. raynos: da una base RĬNGĔRE, REW 7225 «die Zahne fletschen». Il digrignare i denti è un tratto tipico del geloso, della persona poco cortese, cfr. Flamenca, ed. GSCHWIND, vv. 1067-8, dove Archimbaut fa un joc cani / que las dens mostra e non ri.
 
26-7.e·us oblida selh: ‘e vi dimenticate di quello’. La costruzione alcuna res m’oblida corrisponde a ieu oblit alcuna re, cfr. CRESCINI gloss.: oblida; SW V p. 446 n. 1.
 
32-7. Attraverso le parole del pastore Gui, Johan Esteve interviene sul diffuso tema dell’amore del ric ome, per cui si veda ora GUIDA, Jocs, pp. 134 ss., oltre a A. SAKARI, Le thème de l’amour du ric ome au début de la poésie provençale, in «Actes et Mémoires du IIIe congrès international de langue et littérature d’oc», Bordeaux 1964, II, pp. 88-94, e KÖHLER, Sociolagia, pp. 39-79. Per l’equivalenza di joi con l’autentica manentia cfr. ad es. Aimeric de Belenoi, ed. DUMITRESCU, XI, vv. 71-4; Guiraut de Bornelh, ed. KOLSEN, XLII, vv. 67-8; BdT 145.1, vv. 41-8. Esempi dell’opposizione paure / manen in GUIDA, Jocs, p. 125 n. 38.
 
43. ’scotatz: forma aferetica, se non è errore per escotatz.
 
44. em: = en innanzi labiale, come in I 18, IX 99, XI 9.
 
47. d’amor nafratz: cfr. Flamenca. ed. GSCHWIND, v. 2996 e ges non es d’amors nafratz. Altri esso in Folchetto di Marsiglia, ed. STROŃSKI, VI, v. 23; A. CAVALIERE, Le poesie di Peire Raimon de Tolosa, Firenze 1935, XVI, v. 16. Sul motivo della ferita d’amore nei siciliani cfr. PAGANI, Repertorio, pp. 39-41.
 
49. ver: cfr. CRESCINI gloss.: ‘veramente’,
 
52. La rima blondacofonda anche in Guiraut de Bornelh, ed. KOLSEN, LVII, vv. 18-21.
 
55. joc: con lo stesso significato in II v. 70.
 
58. a·n: AZAÏS, erroneamente, stampa en.
 
59. quar: cfr. II nota 21-2.
 
62. Il senso di questo verso non è perfettamente chiaro: l’affermazione ans, me sap bo è infatti in contrasto con quanto la pastora ha detto precedentemente. È probabile che l’affermazione della pastora si debba interpretare in senso ironico.
 
67. atracha: il termine, citato due volte da Raynouard sempre sulla base di questo passo, è in entrambi i casi considerato un sostantivo (LR V p. 398 «traîtrise»; LR V p. 401 «entraînement»); come tale lo considera anche AZAÏS, che lo traduce con «trahison». Mi sembra più convincente l’interpretazione proposta da Levy, SW I p. 97: «Ich meine, dass überhaupt kein Substantiv, sondern ein Part. Perf. vorliegt und dass zu construieren ist: ‘noi fo facha ni atracha folors’», che, tra l’altro, salva anche il parallelismo sintattico facha / atracha.
 
68. qui s’en gachaen si riferisce a folhors del verso precedente, quindi ‘chi si guarda da follia’; cfr. SW I p. 97 atrach.
 
68-70. atrag: AZAÏS interpreta giustamente atrag come sostantivo e traduce: «qui se tient en garde suit l’attraction du bien comme elle a toujours fait». Il passo, che già appariva a LEVY «nicht klar» (SW I p. 97), dovette restare oscuro anche per AUDIAU, La pastourelle, si veda p. 91 e la nota 69 a p. 168. La traduzione giusta è fornita invece da Raynouard (LR V p. 401 n. 14): «qui s’en precautionne fait attraction de bien». Il passo sarà quindi da interpretare: ‘chi si guarda da follia attira verso di sé il bene, qualora lo abbia fatto’.
 
76-8. AZAÏS, p. 100, emenda in entracha e traduce: «le seigneur Guillaume de Lodève garde [...] le vrai mérite». AUDIAU, La pastourelle, mantiene la lezione del ms. e traduce: «le seigneur Guillaume de Lodève a fait citadelle de valeur parfaite ( ? )», ma la traduzione di antracha con ‘perfetto’ (che, come avverte AUDIAU p. 168, risale a Rochegude) non è accettabile. Se antracha, come pare, è lo stesso di atracha (part. di atraire) con epentesi di nasale (cfr. ad es. APPEL, Lautlehre, par. 64, cementeri), a facha antracha deve nel testo valere (a parte il tempo) lo stesso di fay atrag v. 69 (vedi ai vv. 72 e 74 empacha e empag con lo stesso valore); quindi letteralmente il testo suona: ‘Il signor Guglielmo ha fatto / di Lodève guardia / di valore acquisto’, cioè ‘il signor Guglielmo, guardia di Lodève, ha fatto acquisto di valore (ha acquistato valore)’. Se l’epiteto ‘guardia di Lodève’ viene scartato, restano due soluzioni: costruendo En Guillem de Lodeva a facha gacha de valor antracha intendere ‘il signor Guglielmo di Lodève ha fatto guardia del valore attirato’ (cioè: ‘si è custodito il valore che si è guadagnato’); oppure (separando nel v. 77 de Lodev’a) costruire En Guillem de Lodev a facha antracha a gacha de valor e intendere ‘il signor Guglielmo di Lodève ha fatto invito a guardia di valore’ (che sarebbe il poeta: per qu’ieu...), restando però da dimostrare il valore di faire atrag, faire atracha ‘fare invito’ (‘attirare’).
 
80. be fag: epiteto del senhal e non sintagma attributivo di onor, come ritengono AZAÏS, p. 100 e AUDIAU, La pastourelle, p. 91 (onor è infatti femminile).

 

 

 

 

 

 

 

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