2. nulla sazo: «zu irgend einer Zeit» secondo il S. W., VII, p. 494, 5, ove è citato proprio questo passo di Sordello.
3. cove: covenir assume qui una sfumatura particolare in quanto serve ad introdurre una supposizione; cove equivale quindi in questo passo all’ital. «supponiamo che». - per razo: il DE LOLLIS osserva ( Vita e poesie di Sord., Halle, 1896, p. 256) che qui razo significa «necessità», come nel v. 706 dell’ Ensenhamen (XLIII). Il S. W., VII, p. 64, cita il nostro passo al n. 17, ove si tratta dell’espressione per razo come equivalente a «naturgemässer-, notwendigerweise»; ma si domanda se non si debba tradurre in altro modo. Sui diversi significati dell’espressione cfr. S. STROŃSKI, Le troubadour Folquet de Marseille, Cracovie, 1910, p. 219 e segg., nota al v. 54 del n. V (ove a p. 220 è citato questo passo di Sordello a documentazione del significato di «naturellement», «nécessairement»).
7. a vostra via: cfr. S. W., VIII, p. 757, 2.
9. ab fadia: per l’espressione cfr. S. W., III, p. 373, 2.
10. tengut de pro: comunemente si ha tener pro: si vedano, oltre al v. 3 del n. XXXIX, gli esempi citati dal L. R., IV, p. 649; e cfr. S. W., VI, p. 565, 7.
11. prenc: cfr. I, v. 16 e la nota. - resso: invece di reson, «Berühmtheit Ruhm», S. W., VII, p, 263, 3 (ove si cita questo passo di Sordello).
14. enans: cfr. XVI, v. 65 e la nota . - s’i afortis: per se afortir nel senso di «ostinarsi» cfr. S. W., I, p. 29, 2.
15. en l’enans punharai: il SALVERDA DE GRAVE ( Le troubadour Bertran d’Alamanon, Toulouse, 1902, p. 89) traduce: «je me pousserai en avant, partout où je serai»; il S. W., VI, p. 450, 1, cita il passo attribuendo a punhar il senso di «streben», «sich bemuhen». - on ... sia: cfr. VII, v. 25.
17. prendre: C ha penre, e così stampa il DE LOLLIS; ma occorre leggere seguendo M e Fab, prendre, necessario per la rima, come ha mostrato il MUSSAFIA, Zur Kritik und Interpretation rom. Texte, in Sitzungsberichte der Kais. Akademie der Wissenschaftendi Vienna, Phil.-hist. Klasse, CXXXIV, 1895, p. 6.
20. chauzit: il MUSSAFIA, ibid., osserva che, poiché al v. 26 Bertran rispondendo usa l’espressione que·l mielh ai pres, molto probabilmente la lezione primitiva era pres, dato da M e da F (rappresentato ora dalle copie). A me sembra che la lezione pres, in quanto data da M e da F, possa anche essere accolta (per quanto resti sempre su questo punto qualche dubbio, data l’incertezza dei rapporti tra i mss.) ma che il pres del v. 26 sia da mettere in rapporto piuttosto col prendre del v. 17 che col v. 20. - gent fariatz a penare: il DE LOLLIS legge gent fariatz apendre, e — intendendo il que con cui si apre il verso come equivalente a «ciò che» e apendre come variante di aprendre, e assegnando a faire seguito dall’infinito senza preposizione il senso di «fare in modo da» (per cui rimanda all’APPEL, Das Leben u. das Lieder d. Trob. Peire Rogier, Berlin, 1882, p. 73, n. al v. 27 del n. 2) — traduce «ben dovreste imparare». Ma il MUSSAFIA, ibid., ha mostrato che si deve leggere a pendre, con il consueto faire +a e infinito che indica dovere, necessità, opportunità (cfr. S. W., III, p. 380, 23; A. STIMMING, Bertran de Born, Halle, 1879, p. 289, n. al v. 39 del n. 35; G. BERTONI, I trov. d’It., Modena, 1915, p. 576, n. al v. 40 del n. LVI; A. CAVALIERE, Le poesie di Peire Raimon de Tolosa, Firenze, 1935, p. 104, n. al v. 23 del n. XV). Tale interpretazione è stata accolta anche dallo SCHULTZ-GORA, rec. al vol. del DE LOLLIS, in Zeitschr. f. rom. Phil., XXI, 1897, p. 252 e dal SALVERDA DE GRAVE, ibid. Il gent sarà da intendere col Mussafia equivalente a «mit Fug und Recht» o a «wohl». Secondo il Mussafia il que iniziale potrebbe anche tradursi «betreff dessen», «das».
26. cossi: il DE LOLLIS colloca i due punti dopo vos; ma credo più opportuno collocarli dopo cossi, seguendo il MUSSAFIA (ibid.), lo SCHULTZ-GORA (ibid.), lo JEANROY, rec. al vol. del DE LOLLIS, in Revue critique d’hist. et de littérat., XLII, 1896, p. 286, e il SALVERDA DE GRAVE (ibid.).
29. a lunh home: colloco qui, con lo SCHULTZ-GORA e il SALVERDA DE GRAVE, il punto interrogativo, posto dal DE LOLLIS al v. 27 dopo cli.
36. despretz: ci troviamo qui, come si vede dall’apparato, di fronte a tre lezioni differenti, che per il senso potrebbero, a rigore, esser tutte ritenute soddisfacenti: ma sembra preferibile la lezione di M, che può spiegare la genesi delle altre due, ed è stata perciò preferita sia dal DE LOLLIS, sia dal SALVERDA DE GRAVE, sia dall’APPEL, rec. al vol. del DE LOLLIS, in Literaturblatt f. germ. u. rom. Phil., XIX, 1898, col. 229. Per la voce, omessa dal L. R., cfr. S.W., II, p. 165 (ove si cita però solo un passo di Arnaut Daniel).
37. irez: per il verbo anar in unione con un gerundio cfr. VIII, v. 40 e la nota. - derrocan: poiché il verbo derocar è un verbo transitivo, si può pensare che qui sia sottinteso il complem. oggetto vos. Può anche darsi però che qui il verbo sia per eccezione usato intransitivamente, per influenza di cazer, che precede. Il L. R., V, p. 100 traduce «vous allez tombant et renversant»; il SALVERDA DE GRAVE, ibid., p. 89, traduce: «vous serez renversé et couché par terre».
38. qu’ie: que equivale qui a «tandis que»: cfr. L. R., V, p. 13.
39. ponhedors de Fransa: si allude certamente ai guerrieri di Carlomagno, come nel v. 10 del sirv. Un sirventes ai di Peire Cardenal, L’us vendet Crist e l’autre·ls ponhedors (alludendo a Giuda e a Gano) (cfr. l’ed. di L. RICOME, pubblicata nell’appendice dello studio di C. FABRE, Études sur Peire Cardinal: Estève de Belmont, in Annales du Midi, XXI, 1909, p. 26) e dal v. 64 della canzone-sirventese No·m agrad’iverns di Raimbaut de Vaqueiras, Ni Rotlans ab sos ponhedors (ed. C. A. F. MAHN, Werke der Trobadors, Berlin, 1856, I, p. 377). Cfr. anche S. W., VI, p. 452; e cfr. L. R., IV, p. 668.
44. tenri’a malanansa: cfr. XVI, v. 49 e 53, e nota relativa.
47. enfansa: nel senso di «azione da fanciullo»: L. R., III, p. 279; S. W., II, p. 485, 2.
49-50. La comtessa ... cylh de Rodes: per la particolare collocazione dell’espressione indicante il luogo cfr. la n. ai v. 62-63 del n. XV. Circa l’identificazione della contessa cfr. l’ Introduzione, p. LXII. Lo JEANROY, ibid., ritiene ipometro il v. 50, e propone di aggiungere en dopo amicx. In realtà il verso risulta del tutto regolare se si ammette lo iato tra jutge e amicx, parole tra le quali vi è una pausa, segnata modernamente dalla virgola (cfr. l’ Introduzione, p. CLVIII).
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